Immigrati respinti, la Corte Ue condanna l’Italia

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ROMA – Crolla il muro dei respingimenti in mare. Bocciato l’accordo italo-libico firmato dal governo Berlusconi. La Corte europea dei diritti umani all’unanimità  condanna l’Italia per i respingimenti indiscriminati verso la Libia. Per i giudici di Strasburgo il nostro Paese ha violato il divieto alle espulsioni collettive e il diritto dei migranti a presentare ricorso presso un tribunale. Il governo italiano dovrà  pagare 15mila euro a testa a 22 profughi africani come risarcimento danni (due ricorrenti sono deceduti nel tentativo di raggiungere nuovamente l’Italia). «È una sentenza storica», plaudono in coro le organizzazioni umanitarie. «È una decisione politica», replica l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Una cosa è certa: «Alla luce della sentenza prenderemo decisioni per quanto riguarda il futuro», assicura il premier Mario Monti. 
Il caso “Hirsi Jamaa contro l’Italia” nasce dal ricorso di 11 profughi somali e 13 eritrei (assistiti dal Consiglio italiano per i rifugiati) che, nella notte tra il 6 e il 7 maggio 2009, furono intercettati a sud di Lampedusa e consegnati dalle motonavi italiane alle autorità  libiche. Un comportamento che, secondo i giudici di Strasburgo, ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, in quanto i profughi «furono esposti al rischio di maltrattamenti in Libia», nonché a quello di «venire rimpatriati in Somalia ed Eritrea». Non solo. Sempre all’unanimità  la Corte ha condannato l’Italia per aver “disobbedito” al divieto di espulsioni collettive (è la seconda volta in 60 anni che uno Stato viene condannato per questa violazione) e per non aver concesso ai migranti un ricorso contro la decisione del respingimento. Nella sentenza la Corte rigetta tutte le tesi difensive italiane: in particolare quella secondo cui la Libia «era un posto sicuro e che Tripoli rispettava i propri impegni internazionali sull’accesso all’asilo».
«Questa sentenza sarà  esaminata con la massima attenzione. Si riferisce a casi del passato», è il commento a caldo del premier Mario Monti. Questa decisione «ci farà  ripensare alle nostre politiche sulle migrazioni», concorda il ministro per l’Integrazione, Andrea Riccardi. Fonti della Farnesina sostengono però che «il trattamento riservato a migranti messi in salvo è stato sempre conforme agli obblighi internazionali». Di «contatti con la nuova dirigenza libica al fine di riavviare la collaborazione fra i due Paesi» parla il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, che avverte: «Ogni iniziativa sarà  improntata al rispetto dei diritti umani».
I più critici con Strasburgo sono i leghisti. Per il leader del Carroccio, Umberto Bossi, «l’importante è che abbiamo impedito che il Paese si riempisse di immigrati». Roberto Maroni non ha dubbi: «È una sentenza politica di una corte politicizzata. Rifarei esattamente quello che ho fatto». L’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano (Pdl), arriva a chiedere al nuovo governo «di impugnare la sentenza». Peccato che, come spiega l’avvocato Anton Giulio Lana (legale dei migranti con Andrea Saccucci) «non si può fare ricorso, visto che la decisione è stata presa dalla Grande Camera, che rappresenta l’ultima istanza e le cui sentenze sono inappellabili».
Ai leghisti risponde Livia Turco, responsabile immigrazione del Pd: «Dopo la sentenza della Corte anziché rivendicare le vostre politiche, pentitevi. Bisogna subito archiviare la politica dei respingimenti». In difesa dei giudici di Strasburgo si schierano anche tutte le organizzazioni internazionali, da Amnesty all’Unhcr. Laurens Jolles dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati si dice «preoccupato che l’Italia abbia riattivato il trattato bilaterale con l’attuale governo libico senza rinunciare formalmente alla pratica dei respingimenti».


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