Inchiesta Lusi, la Margherita: «Daremo le carte alla Procura»

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ROMA — Francesco Rutelli manterrà  l’impegno alla «piena collaborazione» e farà  recapitare in Procura gli estratti dei conti correnti e gli altri documenti bancari della Margherita. Una decisione che chiude il caso istituzionale sfiorato martedì, quando la Guardia di Finanza, a caccia delle carte dell’ex tesoriere Luigi Lusi, si è presentata a sorpresa agli sportelli Bnl di Palazzo Madama. Gli avvocati del partito hanno raggiunto un accordo con i pm in base al quale metteranno a disposizione gli estratti conto dal 2007 al 2011, gli anni in cui Lusi avrebbe sottratto dalle casse della Margherita oltre 13 milioni di euro.
Dopo giorni di assenza, il senatore indagato per appropriazione indebita è tornato a Palazzo Madama. Teso, provato, un po’ dimagrito: «Ho perso qualche chilo ed è l’unica cosa buona di questa vicenda». È stata la moglie Gianna a incoraggiarlo, a chiedergli di «rientrare a testa alta» senza lasciarsi sopraffare dall’emozione. Radiato dal Pd e fresco di ingresso nella terra di mezzo del gruppo Misto, Lusi è andato a sedersi in prima fila davanti al Pdl, al centro dell’emiciclo, nei posti riservati alle commissioni e tradizionalmente occupati dai senatori a vita. Gli ex colleghi del Pd lo hanno accolto nel più assoluto e teatrale gelo, pieni di stupore e sconcerto per il materializzarsi del senatore in Aula: al mattino e poi alle quattro del pomeriggio, per la commemorazione solenne di Oscar Luigi Scalfaro. Una presenza che diversi senatori democratici, per non dire degli ex colleghi della Margherita, hanno ritenuto «poco opportuna» o persino «improvvida». In diversi gli hanno stretto la mano e regalato una parola di comprensione, ma pochissimi si sono alzati dai banchi del Pd: Marini, Papania, Legnini, Maria Leddi e l’ex tesoriere Agostini. E poi i rutelliani Milana, Fistarol, Gustavino, il socialista Vizzini e, tra gli altri, i senatori del Pdl Esposito, Grillo e Saro.
Dall’alto delle tribune i fotografi lo immortalano plasticamente solo, un vuoto che racconta sia la sofferenza personale di chi si sente «il capro espiatorio di un sistema molto più grande», sia l’imbarazzo della Camera alta. Stato d’animo che la senatrice prodiana Albertina Soliani sfoga d’un fiato, quasi con angoscia: «Il silenzio e lo sgomento manifesta la consapevolezza che il problema è molto più grande, per la Margherita, per il Pd e per l’Italia. Non stiamo bene così, né il Senato, né Lusi, né tantomeno il Paese. Ma io, in questa storia, vedo anche una speranza di cambiamento». La speranza di Lusi è che «emerga la verità », una verità  diversa da quella che lo inchioda, da solo, all’immagine di un buco da 13 milioni di euro nel forziere della Margherita. Ieri, per quanto possibile, è stata una «normale» giornata di lavoro. Si è presentato con l’iPad in mano, è stato in commissione Bilancio, si è trattenuto in sala lettura per vedere qualche azione della partita di calcio Catania-Roma e, in serata, è salito di nuovo in commissione per il «milleproroghe». Ma la sua presenza agita la Margherita, alle prese con un caso giudiziario che è, al tempo stesso, una delicata vicenda politica. L’onorevole Gianpiero Bocci, presidente del comitato di tesoreria, annuncia che a fine mese si terrà  l’assemblea nazionale che dovrà  nominare il nuovo tesoriere. E il liberaldemocratico Italo Tanoni, ora nel Terzo polo, denuncerà  la Margherita: «Io e Daniela Melchiorre intenteremo una causa civile perché il nostro movimento rappresenta il 10% dell’assemblea. Noi non c’entriamo nulla con lo schifo che hanno combinato, ma ci devono restituire i soldi che ci spettano».


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