Kabul, rivolta per il Corano assalto alla base americana

by Editore | 23 Febbraio 2012 8:27

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La rabbia è divampata quando i lavoranti afgani della base americana di Bagram hanno trovato copie bruciacchiate del Corano fra i rifiuti. La distruzione del libro sacro è un oltraggio inaccettabile per gli islamici: la notizia è girata rapidamente in tutto l’Afghanistan, dando il via a proteste e cortei. Per le vie di Kabul sono ricomparse addirittura le bandiere nere dei Taliban. I manifestanti gridavano: «Morte all’America e a Karzai». Il presidente ha definito «giusta» l’indignazione, chiedendo però ai connazionali di rispettare i civili e le proprietà . Non è servito: almeno duemila persone hanno assalito il compound americano di Camp Phoenix e i contractor hanno sparato, uccidendo almeno un dimostrante. «Se gli americani ci insultano fino a questo punto, perché non dovremmo unirci agli insorti?», si chiedeva un dimostrante ai microfoni dell’agenzia Reuters. A Jalalabad i dimostranti hanno bruciato bandiere americane e gridato: «Lunga vita al mullah Omar», persino nella città  pachistana di Karachi i manifestanti sono scesi in piazza.
I comandi Isaf e il governo di Washington hanno cercato di limitare il danno, correndo a chiedere scusa senza nemmeno verificare l’accaduto e le responsabilità . Ma a fine giornata il bilancio delle proteste conta otto morti nelle provincie di Parwan e Logar e decine di feriti nei centri maggiori, con i rappresentanti diplomatici Usa costretti a blindarsi dentro l’ambasciata di Kabul.
Nell’aprile dell’anno scorso era stato un pastore protestante della Florida a bruciare pubblicamente un Corano, suscitando in Afghanistan un’ondata di disordini culminata nell’uccisione di sette dipendenti Onu. Ma se in quell’occasione le autorità  Usa avevano cercato di fermare il fondamentalista cristiano, sembra quasi incomprensibile che un nuovo incidente del genere si verifichi con i militari. È l’ennesimo disastro di immagine, che si iscrive nella stessa pagina dei marines ripresi a urinare sui corpi dei Taliban uccisi, delle oscene foto “souvenir” scattate davanti ai corpi straziati del “nemico”, delle offese gratuite e disumane di Abu Ghraib.
Se verrà  confermato che le copie del Corano sono state davvero bruciate da personale Usa, l’unica spiegazione possibile si basa sulla modesta qualità  media dei militari americani: l’impegno su più scenari, imposto da Bush, ha esasperato i meccanismi del reclutamento e negli ultimi anni le Forze armate Usa sembravano pronte ad accettare chiunque, a prescindere da eventuali carichi con la giustizia o da scarse attitudini alla disciplina. Con un presupposto del genere, la «conquista di cuori e menti» dei locali prevista dalla dottrina militare sembra davvero fuori portata.

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