La Cgil insorge: “Il premier offende i lavoratori”

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ROMA – «Chi scoraggia gli investimenti è Monti suggerendo con le sue affermazioni ai capitali di non investire». La Cgil è sul piede di guerra, ma anche Cisl e Uil sono in fibrillazione. Monti ritiene che in Italia siano troppe le tutele sul lavoro e che tutto ciò renda il mercato stagnate, anzi scoraggi gli investimenti? «Al presidente del Consiglio piacciono gli esempi estremi – contrattacca il sindacato di Susanna Camusso – ma parlare di troppe tutele per chi è “blindato nella sua cittadella”, è non solo sbagliato, non vero, ma anche un po’ offensivo verso quei lavoratori». Un atto d’accusa che Fulvio Fammoni, segretario confederale traduce in una domanda diretta: «Monti conosce la condizione reale del lavoro? In tre anni abbiamo perso centinaia di migliaia di posti». 
Le parole del premier sono benzina sul fuoco di scioperi già  indetti dalla Fiom (Landini: «L’articolo 18 esca dal tavolo della trattativa»), mentre la minoranza interna della Cgil pensa a uno sciopero generale. Però la piattaforma unitaria del sindacato per ora regge, e mercoledì prossimo i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Bonanni e Angeletti hanno in programma un incontro, poco prima del tavolo con le imprese. Il tam tam di Fornero e Passera ha preparato il terreno alla svolta sul mercato del lavoro, che Monti ha ormai lanciato. Il clima sociale e politico si surriscalda.
Il Pd frena e avverte che così non va. Bersani ha ribadito che si può essere innovativi sul lavoro senza cancellare l’articolo 18, anche se ritiene sia meglio per il momento lasciare che esca una proposta dal confronto tra governo e parti sociali. Teme l’effetto domino. I partiti insomma facciano un passo indietro. Di Pietro invece accusa: «Le dichiarazioni di Monti sembrano un’intimidazione e una truffa mediatica. Le ragioni della crisi economica e occupazionale in Italia non sono certo causate dall’articolo 18, ma dal fatto che lo Stato ha accumulato quasi duemila miliardi di debito e da una classe politica allo sbando». Casomai le tutele vanno estese – secondo il leader di Idv – non certo tolte. Altolà  da Vendola: «Il governo è guidato da un conservatore di destra». E anche il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina taglia corto: «Quelle di Monti sono affermazioni sorprendenti perché infondate». Nelle file democratiche ci sono opinioni divergenti. Cesare Damiano afferma che se il governo non trovasse un accordo con i sindacati, allora si aprirebbe un problema politico in Parlamento, e a Monti: «Sull’articolo 18 sbaglia». Al contrario Piero Ichino è convinto che, se anche non ci fosse condivisione, il governo non debba rinunciare alla riforma del lavoro. I Radicali propongono di procedere pragmaticamente, varando ad esempio una moratoria triennale sull’articolo 18. «Nelle imprese fino a 30 dipendenti», suggeriscono Pannella e De Lucia. Nel centrodestra tutt’altra musica. Brunetta entusiasticamente dichiara: «Togliamo questo tabù che ingessa». Quagliariello rincara: necessarie riforme coraggiose.


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