La Cgil si mobilita Scioperi fino al 9 marzo

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Nessuna trattativa sull’articolo 18 e «ampia mobilitazione» per «spingere il negoziato verso una positiva conclusione». Il direttivo della Cgil approva a larghissima maggioranza, con 97 voti (88,9%) contro 12 (11%), il documento che riassume la posizione sulla riforma del mercato del lavoro. Nel ribadire i punti fermi della piattaforma comune con Cisl e Uil, la vera sta proprio nella serie di mobilitazioni che la Cgil ha messo in calendario per spiegare le sue ragioni e portare la bilancia della trattativa dalla propria parte «coinvolgendo pienamente l’insieme delle strutture» nel «percorso» del tavolo. «Il 29 febbraio sottolinea Camusso saremo in piazza a Roma per la giornata di mobilitazione europea; così come il 1 marzo c’è lo sciopero unitario dei trasporti, il 3 marzo la manifestazione nazionale unitaria degli edili, il 4 marzo la giornata europea del commercio per le domeniche libere dal lavoro e il 9 marzo lo sciopero generale dei metalmeccanici della Cgil». Infine, la Cgil terrà  lunedì prossimo, 5 marzo, un’assemblea straordinaria delle Camere del lavoro: «Un’occasione per fare il punto sull’andamento del confronto con il governo», spiega Camusso.
Sul tema sempre rovente della flessibilità  in uscita e dell’articolo 18, rilanciato domenica dalla ministra Fornero, la Cgil «conferma che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una norma di civiltà  inderogabile il cui valore va oltre la tutela del licenziamento ingiustificato e costituisce un deterrente verso ogni altro possibile abuso». La campagna per modificarlo è mediatica e il documento finale del Direttivo sottolinea come «è infatti falso che si tratti di una particolarità  del nostro Paese rispetto al resto d’Europa». Viene invece confermata «la disponibilità  al confronto su proposte per una drastica riduzione dei tempi dei processi» in materia.
«UN ACCORDO SERIO»
Nella relazione Susanna Camusso ha ricordato come «è nostro obiettivo e nostra intenzione fare un accordo per riformare seriamente il mercato del lavoro partendo dalle priorità : ridurre la precarietà , allargare le tutele e mantenere i diritti. Priorità  che osserva il segretario generale Cgil guardano in particolare ai giovani e ai tanti esclusi dal mercato del lavoro e rappresentano la modalità  unica per ricomporre la dualità  senza che si debba scegliere un soggetto contro un altro». Camusso è poi tornata sul nodo delle risorse: «Non si può fare una riforma, con la pretesa di allargare le tutele, puntando ad una sola logica di risparmio: si ridurranno fortemente invece che allargarle».«Occorre conclude Camusso ridurre il carico fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati».
CAMBIARE NORMA INTERINALI
Per il leader della minoranza “La Cgil che vogliamo” Gianni Rinaldini «non sono in discussione le proposte della Cgil, che vanno bene, ma noi chiediamo che tre punti non siano a disposizione del negoziato: l’articolo 18, un’estensione degli ammortizzatori e la riduzione della precarietà  a partire dal ritiro della parte del decreto liberalizzazioni che interviene pesantemente sugli interinali» con l’eliminazione della causa dal contratto di lavoro in somministrazione per i soggetti svantaggiati che, come sottolinea anche il documento della maggioranza, «oltre che sbagliata, rappresenta una intromissione nel negoziato in corso». L’argomento potrebbe essere all’ordine del giorno del
confronto governo parti sociali che riparte oggi. Alle 11 infatti alla sede di via Veneto del ministero del Welfare si terrà  un tavolo tecnico sul tema della flessibilità  in ingresso. Ogni parte sociale, da brava scolara, ha presentato la sua proposta in materia e oggi partirà  il lavoro dei tecnici delle parti e dei funzionari ministeriali per preparare la «tabella sinottica» richiesta da Elsa Fornero per arrivare ad una sintesi comune. Giovedì invece alle 16 a via Flavia sesta riunione del tavolo con Fornero e i leader delle parti sociali.
Ieri intanto l’Istat, con una nota pubblicata sul sito del governo, ha contestato la tabella di Eurostat utilizzata per denunciare quanto fossero bassi i salari italiani: era «poco chiara» e si riferiva al dato del 2006. «Il posizionamento relativo dell’Italia spiega l’Istat risulta in linea con la media europea, e il valore assoluto nazionale supera ampiamente quello della Spagna e ancor più il valore della Grecia». Resta difficile da credere però che dal 2006 ad oggi gli stipendi italiani abbiano rimontato in maniera significativa rispetto ai salari degli altri paesi europei, Germania in testa.


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