La Grecia torna in piazza Il 75 per cento vuole rimanere in Europa

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ATENE – Questa volta niente scontri. Solo una scaramuccia, provocata da una sassaiola, che la polizia seda subito con un breve lancio di lacrimogeni. Code di una rabbia che coinvolge soprattutto i giovanissimi. Il resto, 8 mila persone, si radunano in piazza Syntagma e si limitano a sostare per tre ore sotto il palazzo del Parlamento. Sindacati e sinistra non rinunciano a scendere per strada e chiedono una protesta chiaramente pacifica. Il clima che si respira nel Paese resta teso e le prospettive sono durissime. Ma mettere a ferro e fuoco la culla della democrazia non paga. Spaventa e divide. Per racimolare gli ultimi 325 milioni da mettere nella borsa della Troika e accedere così al prestito da 130 miliardi che eviterà  il crack della Grecia, si è dovuto toccare anche l’ultimo baluardo dello stato sociale. Si parla di tagli del 20 per cento alle pensioni superiori ai 1200 euro e a quelle integrative. Se si considera la decurtazione di un 10 per cento già  applicata nel 2010, durante la prima richiesta di prestito, da oggi un pensionato della media borghesia greca dovrà  campare con meno di 700 euro.
La gente ne è consapevole. Frena un orgoglio ferito. Si abbandona ad un rassegnato fatalismo. Le due centrali del sindacato dei dipendenti pubblici (Adeby) e privati (Gsee) invadono con 3000 persone la piazza di primo mattino e lasciano il campo nel pomeriggio alla galassia della sinistra. La gente arriva alla spicciolata. Ognuno sotto lo striscione di riferimento, sventolando nuvole di bandiere in un panorama cromatico che va dal bianco all’arancione: indicano la serie infinita di partiti e partitini che anche qui dividono la sinistra. Il risultato è una manifestazione frammentata. La piazza è occupata per un terzo della sua estensione. Solo una settimana fa le centomila donne e uomini, vecchi e giovani, avevano invaso l’intero centro di Atene.
Le immagini di domenica, segnate poi da scontri furibondi, con l’incendio di 170 palazzi, cinema, banche, teatri, bar e negozi, hanno provocato un vero choc. Per placare gli animi affranti di una borghesia che si ritrova di colpo povera, come 50 anni fa, gli organizzatori della manifestazione installano una serie di altoparlanti sui lampioni della piazza. Dalle trombe, proiettate sulla facciata del Parlamento, s’irradia una musica assordante: vecchie canzoni di lotta e di protesta. Ha l’effetto di un narcotico. Impedisce il lancio ritmato degli slogan e gli insulti ai poliziotti. Solo l’arrivo di un centinaio di motociclisti ravviva un clima da fiera paesana più che da raduno duro e compatto pronto a scatenare l’inferno. I clacson delle moto, accolti da un lungo applauso, agitano le migliaia di persone che camminano in lungo e in largo riflettendo sul senso di una protesta che non riesce più a scuotere le coscienze di milioni di greci. L’adunata di domenica era stata un vero assedio al Parlamento. Adesso è diverso: questa è una manifestazione di protesta. Una delle tante. Le misure sono passate. Il prestito agognato probabilmente arriverà , nonostante i dubbi tedeschi. I paesi della tripla A (Finlandia, Olanda, Lussemburgo) pretendono l’apertura di un fondo speciale dove dovrebbe confluire la montagna di euro per la Grecia. Una sorta di commissariamento che sancisce una sovranità  limitata: sarebbe l’Eurogruppo, con i suoi emissari, a controllare la gestione del prestito. Eppure il 75,9 per cento dei greci, secondo l’ultimo sondaggio, vuole restare in Europa e solo un 19,6 per cento si dice disposto a tornare alla dracma.
Tra questi uomini e donne, anche giovanissimi, resistono una consapevolezza e una coscienza politica. C’è un continuo dibattito attorno alle misure. Soprattutto tra le diverse generazioni che questa crisi ha rinsaldato attorno ai valori che il tempo e uno sciagurato modello proposto della destra greca aveva cancellato. La gente resta in piazza fino all’ultimo. Con uno sguardo a Bruxelles dove si riunisce l’Eurogruppo e l’altro dentro questo Palazzo che entro mercoledì dovrà  varare l’ultimo pacchetto di misure. I raggi verdi che schizzano sulla facciata e investono i poliziotti schierati sono solo un gioco. Fino alle pietre che pochi, con la piazza ormai deserta, scagliano sugli agenti. In cambio di una raffica di gas tossici.


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