L’imprenditore e l’operaio, suicidi per la crisi

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FIRENZE – La crisi colpisce duro. Ieri due persone si sono tolte la vita per motivi legati a problemi economici, anche se di diversa natura. A Sanremo un elettricista di 47 anni si è sparato alla testa nella cantina di casa, che usava come magazzino, dopo aver cenato con sua moglie. Qualche mese fa era stato licenziato dalla ditta in cui aveva lavorato per tanti anni, non ce l’ha fatta a superare le difficoltà , l’incertezza del futuro, il senso di sconfitta. E vicino a Firenze un imprenditore di 64 anni si è impiccato a una trave dentro il capannone della sua azienda. Era un agente di commercio del settore agrario conosciutissimo e stimato, da anni anche il figlio lo affiancava nella conduzione degli affari. Buoni affari, visto che il fatturato annuo dell’attività  si aggira sui due milioni. Ha lasciato un biglietto in cui collega il suo gesto disperato ad alcune vicende finanziarie andate male, probabilmente aveva investito il suo patrimonio personale in modo sbagliato e ora rischiava di perdere tutto.
Due storie tra tante che descrivono il nostro tempo e le sue paure. Chi cade spesso non ce la fa a rialzarsi, il lavoro perduto è difficile da ritrovare, soprattutto quando è vicina la soglia dei cinquant’anni o quando il capitale volato al vento non può più contare sul sostegno del credito, neppure se a chiedere aiuto alle banche è una persona affidabile e senza ombre nel passato. È una contabilità  terribile quella che registra il numero dei suicidi e dei tentati suicidi legati alla crisi e alla recessione. Sono almeno otto i casi segnalati dall’inizio del 2012 e altri otto i tentativi andati a vuoto solo grazie a salvataggi in extremis.
Secondo uno studio realizzato dall’istituto di ricerche economiche e sociali Eures, riferito a dati del 2009, in Italia una persona ogni giorno si toglie la vita per problemi economici: in quell’anno su 2.986 suicidi (erano il 5,6% in più del 2008) almeno 357 sono stati compiuti da persone che avevano perso il lavoro. Un fenomeno in crescita di cui si parla ancora troppo poco, secondo il presidente di Federlazio Maurizio Flammini che sta organizzando a Roma una fiaccolata per ricordare le vittime di questa strage avvolta dal silenzio. Il corteo sfilerà  a marzo, la data non è ancora fissata ma hanno già  aderito, tra gli altri, Cna Lazio, Coldiretti, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Cgil, Cisl, Uil e Unindustria Lazio.
L’elenco dei morti nel 2012 è impressionante. Appena pochi giorni fa, il 15 febbraio, in Sicilia, a Paternò, un industriale di 57 anni, padre di due figli, si è impiccato in un deposito di proprietà  della sua ditta perché travolto dai debiti e non più in grado di pagare lo stipendio ai dieci operai. Il 3 febbraio a Padova un artigiano di 52 anni si è ucciso in una legnaia: era titolare fino al dicembre scorso di una ditta individuale, chiusa per mancanza di lavoro e aveva accumulato molti debiti. Il 24 gennaio ancora a Padova un imprenditore di 46 anni si è tolto la vita in casa: era socio di un’impresa edile che negli ultimi mesi stava attraversando un periodo complicato. Il 12 gennaio a Zanè, nel vicentino, si è sparato alla tempia un uomo di 45 anni, operaio metalmeccanico: da settembre aveva perso il posto. Il 4 gennaio tra gli scogli del porto di Cagliari è affiorato il cadavere di un disoccupato di 39 anni di Quartu Sant’Elena che era sparito da casa il 30 dicembre. E il 2 gennaio a Bari un anziano di 74 anni si è tolto la vita dopo aver ricevuto dall’Inps la richiesta di restituire parte dei soldi della pensione incassata negli ultimi anni. Aveva lavorato come operaio prima in Germania e in Olanda e poi nella sua città . Riscuoteva ogni mese 700 euro, ne avrebbe dovuti ridare indietro 5000. Ha scelto di buttarsi dal quarto piano.


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