Le cattoliche non profit non pagano

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Il premier si precipita in commissione per blindare l’emedamento, concordato con la UeLe esenzioni alla nuova Imu assomigliano parecchio a quelle della vecchia Ici. La tassa non sarà  pagata dalle scuole, cattoliche e non, che dimostreranno di essere «no profit». Ieri pomeriggio Mario Monti si è precipitato in commissione Industria del senato, dopo aver saputo che, nel corso della complicato esame delle liberalizzazioni, sull’emendamento del governo stavano calando almeno cinque subemendamenti. Una prima assoluta, la sua visita: nessun premier aveva partecipato fin qui ad una seduta in sede referente. Ma l’urgenza era da codice rosso: i tecnici di Palazzo Chigi hanno concordato il testo delle esenzioni con i commissari europei e questo lo rende nei fatti (e nelle intenzioni del governo) inemendabile.
Così Monti ha fornito l’interpretazione della norma, i vescovi hanno impartito la loro benedizione e la commissione ha approvato. Fra gli osanna e gli alleluja di un esercito trasversale di parlamentari che già  si preparavano alla battaglia per «salvare» le scuole «paritarie», soprattutto le 9.371 cattoliche. Ma l’apprezzamento è davvero trasversale, se accanto alle lodi di Pier Ferdinando Casini arrivano anche le congratulazioni dell’Idv, a patto che, spiega Luigi Li Gotti, si eviti «che rientri dalla finestra quello che si sta facendo uscire dalla porta». 
Monti assicura che saranno esenti dall’imposta le scuole che «svolgono le proprie attività  secondo modalità  completamente e propriamente non commerciali». Ma siccome, proprio come nella precedente legge, il diavolo si nasconde nei dettagli, la definizione delle condizioni per l’esenzione è rimandata a un decreto ministeriale. Per sommi capi Monti formula tre parametri: le scuole saranno considerate paritarie, «se il servizio è assimilabile a quello pubblico, sotto il profilo dei programmi di studio, dell’accoglienza di alunni con disabilità , nell’applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente»; dettaglio, quest’ultimo, non banale, data la giungla che esiste in questo settore. Il loro servizio dovrà  essere «aperto a tutti» senza discriminazioni; e anche qui è tutto da vedere se una scuola confessionale possa adeguarvisi. E infine il bilancio deve dimostrare «senza dubbi la finalità  non lucrativa». 
Il governo affronta il tema, ha assicurato il premier, «senza pregiudizi, pretesti o approcci ideologici, ascrivibili a qualsiasi derivazione». Ma l’intervento è «indispensabile» per chiudere la procedura d’infrazione avviata dall’Unione europea contro di noi. Tant’è che il testo, prima della sua definitiva approvazione, sarà  ancora sottoposto ai commissari europei. Resta da capire come possano essere considerate no profit alcune delle attività  gestite dalla Chiesa, per esempio quel il turismo sedicente sociale che secondo la Ue è «fuori dal regime della concorrenza secondo le regole Ue» e che aveva provocato l’esposto dei Radicali a Bruxelles. E che è uno dei nodi della questione. Perché invece per l’Arci, l’altra grande associazione della promozione sociale no profit, la legge non era una preoccupazione: dei 5.500 circoli pochi sono proprietari degli immobili e comunque l’attività  «senza fini di lucro» è la condizione stessa per l’affiliazione. Quanto invece a partiti e fondazioni, sindacati e patronati e Caf, bisognerà  aspettare il decreto ministeriale. 
Ma che il provvedimento alla fine morda il settore, soprattutto il coté cattolico, giusto il minimo indispensabile per chiudere il contenzioso europeo, lo dimostra l’immediata soddisfazione dei vescovi: le parole del premier «vanno nella direzione giusta. Scuole e oratori sono attività  no profit e non ha senso tassare attività  che hanno chiara rilevanza pubblica e sociale», dice monsignor Michele Pennisi, che si spinge fino a vantare il fatto che «la Chiesa non vuole privilegi. Vogliamo anzi contribuire a che si superi questo momento di crisi senza però che si creino ingiustizie che producano danni maggiori di quelli che si vogliono risolvere».
Lo stesso Monti all’indirizzo dei senatori pronuncia una frase che sembra scritta da un politico navigato, più che da un «tecnico»: «Avete avuto occasione di misurare come ciascun legittimo interesse di categoria sia ben presente e sensibile nella discussione pubblica». Abbiamo ascoltato tutti, sembra rivendicate. Ma certo, le voci di Oltretevere sono quelle particolarmente soddisfatte.


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