Le indagini ora si allargano interrogati anche altri politici I pm puntano sui conti all’estero

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ROMA – La slavina si fa valanga o, almeno, si annuncia tale. E un’inchiesta che sembrava doversi rapidamente accomodare in un patteggiamento e una restituzione parziale del maltolto (5 milioni dei 13 sottratti) promette di farsi “invasiva”. Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Stefano Pesci hanno disposto nuove deleghe di indagine al Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Fissato un calendario di interrogatori dei maggiorenti dell’ex partito, dell’uomo che di Lusi è stata la “testa di legno” nella “TTT srl” (Paolo Piva), stabilito l’acquisizione del materiale contabile su cui sono stati costruiti i rendiconti della Margherita Perché ora i due pm cercano risposta a nuove domande. La prima: il senatore Luigi Lusi ha altre disponibilità  finanziare, siano conti o società  fiduciarie, all’estero? O, per dirla altrimenti: la società  canadese “Luigia ltd.”, quella utilizzata per drenare oltreoceano i 13 milioni di euro dalla Margherita, ha veicolato nel tempo altro denaro riconducibile in qualche modo al tesoro del partito? La seconda domanda, che della prima è un corollario: è stata solo una la “stangata” alle casse della Margherita, o ce ne sono state delle altre, nascoste nelle pieghe di quei rendiconti finanziari del partito redatti a mano libera? E se fosse così, perché nella Margherita nessuno ebbe voglia di vedere? Forse perché da Lusi dipendeva e dipende il destino politico di molti ex?
LA FIDEJUSSIONE
La fretta di Lusi di chiudere questa storia, patteggiando e restituendo rapidamente il maltolto, non sembra sin qui averlo aiutato. Due giorni fa, il «no» a una pena patteggiata di un anno. Ieri, sempre dalla Procura un «no» alle garanzie fidejussorie presentate dall’ex tesoriere. Lusi aveva indicato nella società  romana “Confidi Mediterraneo” il garante dei 5 milioni di euro che si è detto pronto a restituire. Ma per i magistrati, quel soggetto finanziario non è adeguato. Hanno chiesto – come conferma Luca Petrucci, legale di Lusi – l’indicazione di un garante che risulti iscritto nel registro previsto dal testo unico della legge bancaria. «Indicazione che abbiamo raccolto e a cui provvederemo», aggiunge Petrucci. Ma che richiederà  del tempo.
CASE ALL’AQUILA E A ROMA
Già  perché Lusi, che di milioni ne ha sottratti 8, dal momento che 5 li ha versati in tasse, in questo momento, a quanto pare, liquidi non ne ha. Deve trovare un fidejussore che accetti in garanzia l’ipoteca sul suo patrimonio immobiliare personale che, per quanto risulta da una visura catastale, conta sette abitazioni a l’Aquila, dei terreni seminativi in quel di Capistrello (provincia dell’Aquila), una casa di famiglia a Roma, in via Ugo Ojetti. E questo perché, al momento, né l’immobile di via Monserrato a Roma, né il villone di Genzano sono spendibili in questa “transazione”, perché gravati da mutui.
LO SCUDO FISCALE
Una situazione patrimoniale che la Procura intende verificare, anche alla luce delle indicazioni ricevute dalla Banca d’Italia e dalla Finanza. Intorno a Lusi, negli ultimi due anni si registrano infatti almeno due movimenti segnalati come «sospetti». Entrambi con lo scudo fiscale di Tremonti. Un rientro di capitali dall’estero intestati alla moglie, Pina Petricone, e uno in capo alla “TTT srl.”, la società  controllata dalla scatola canadese dell’ex tesoriere e utilizzata per mettere in piedi il sistema di fatture per operazioni inesistenti necessario a far sparire i 13 milioni. «Due vicende – chiosa ancora l’avvocato Petrucci – che non hanno niente a che vedere con Lusi e con questa storia, né con i soldi della Margherita. E comunque, si possono fare tutti gli accertamenti del caso: io personalmente ho chiesto a Lusi se ha altre disponibilità  all’estero e la risposta è stata “no”».
CONTROLLI A CAMPIONE
E’ un fatto che la Procura sia convinta che guardare nei resoconti 2008-2011 della Margherita potrebbe riservare delle sorprese. E magari anche aiutare a capire per quale motivo né il presidente del Comitato di tesoreria Giuseppe Bocci, né il collegio dei revisori dei conti (Giovanni Castellani, Mauro Cicchelli e Gaetano Troina), ebbero mai ragione di mettersi in allarme. Rintracciato da Repubblica, Giovanni Castellani, spiega che, «nel comprendere la legittimità  della domanda, non vede misteri». «Il nostro compito di revisori – dice – è stato innanzitutto quello di verificare la rispondenza nella compilazione dei bilanci a quanto previsto dalla legge. E da questo punto di vista, non è mai stata riscontrata alcuna irregolarità . I bilanci erano bene appostati». Altro discorso, la questione del controllo sostanziale, vale a dire della rispondenza effettiva tra quanto dichiarato da Lusi nelle singole voci di bilancio e la documentazione contabile a sostegno. Anche qui, i revisori, danno l’ok, ma – concede Castellani – «è evidente e normale che il nostro fu un controllo a campione. Nessun revisore dei conti si mette a controllare ogni singolo pezzo di carta a sostegno del bilancio. E questo non vale solo per un partito politico, ma per qualunque società . Altrimenti non sarebbe una revisione contabile, ma una nuova redazione di bilancio». E’ un fatto che in queste ore, l’intero collegio dei revisori, insieme a “Kpmg”, la società  incaricata dalla Margherita, quei pezzi di carta se li sia ripresi tutti. Con un esito, conclude Castellani: «Sono legato al riserbo professionale, ma posso dire che abbiamo trovato riscontri puntuali e interessanti».


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