«La flessibilità  è troppa. Pronti a discutere ma non sull’articolo 18»

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Segretario Camusso, vari ministri ironizzano sul posto fisso. Il clima sulla riforma del mercato del lavoro si fa pesante in questi giorni…
«In una stagione già  molto difficile sul piano dell’occupazione, in cui i giovani in particolare si trovano in una situazione di precarietà  il tema non è dire che il mondo è cambiato, cosa che i giovani hanno perfettamente presente, quanto invece insistere sul fatto che bisogna da un lato rendere l’accesso al mercato del lavoro non precario e dall’altro ribadire che il vero tema è come creare lavoro. Si rischia di costruire un corto circuito, cambiare le norme del mercato del lavoro non migliora l’occupazione. Se non si investe, la disoccupazione aumenta, il problema non è se il posto è fisso o non fisso: il posto ora non c’è. L’emergenza è questa e non si deve colpevolizzare la ricerca del lavoro sotto casa. Quando in una grande parte del Paese la disoccupazione è uno a due, non si vede una prospettiva. I giovani italiani si muovevano eccome fino al 2008. Solo che le migliaia che erano andati al nord sono tornati a casa dopo il mancato rinnovo dei contratti a tempo, perché sono rimasti disoccupati, ritornati al Sud per una forma di soppravivenza e non per la loro indisponibilità  a spostarsi».
Angeletti propone una legge che, fatte salve le discriminazioni, specifichi quando i licenziamenti sono consentiti per motivi economici. Cosa ne pensa? «Le norme sui licenziamenti rispetto a motivazioni per organizzazione e crisi esistono già . La discussione vera è un’altra: tutte le normative sono sottoposte al fatto che anche se stai discutendo della crisi e quindi dell’oggettività  dei problemi, non ci debbano essere discriminazioni. Questa norma non deve cambiare. La flessibilità  in uscita c’è: si esce con una frequenza e una rapidità  straordinaria. L’unico problema reale è l’incertezza sui tempi del reintegro e su quello si dovrà  lavorare».
Sarebbe disposta a ragionare non di articolo 18, ma di modifica delle due leggi sui licenziamenti?
«Le due leggi regolano una i licenziamenti individuali (la 604), l’altra quelli collettivi (la 223). Già  la loro esistenza dimostra che le possibilità  di licenziare ci sono. Il tema su cui possiamo ragionare è che le cause di lavoro non possono durare un tempo infinito. Ciò che non è possibile che sparisca, che oggi regola anche queste leggi, è l’onere della prova delle aziende. Tocca a loro dimostrare che si sono rispettati i criteri e i giusti motivi del licenziamento».
I vostri paletti al tavolo della trattativa quali sono?
«La vera priorità  è la riduzione della precarietà  da un lato e l’estensione degli ammortizzatori dall’altro. Continuiamo a trovare poco credibile con questi dati sulle vertenze una discussione sugli ammortizzatori senza neanche un euro. Anche perché questa situazione durerà  a lungo, non qualche mese».
Riuscirete a mantenere una posizione comune con gli altri sindacati?
«Continuiamo a lavorare sulle priorità , sulle cose messe nella piattaforma comune con Cisl e Uil. Nulla toglie che ciascuno cerchi soluzioni ai problemi. Ma nessuna soluzione deve essere un indebolimento dell’art. 18». Mercoledì l’incontro con Confindustria è confermato?
«Sì, allo stato sì».
Come ci arriverete? Non pensa che il quadro sia mutato? Che ci siano irrigidimenti?
«Nell’ultimo incontro abbiamo affrontato il tema della precarietà  da ridurre, della cassa integrazione, delle politiche attive. Siamo per continuare questa discussione. Ci è assolutamente evidente il rischio di avere focalizzato, sia per le dichiarazioni del governo sia anche per qualche dichiarazione di troppo da parte sindacale, l’attenzione sui licenziamenti. Ciò ha prodotto una convinzione nelle nostre controparti che l’argomento porterà  a chissà  quale risultato: non è così. Avremo una discussione anche su quelle che sono posizioni diverse, ma non sarà  un problema».
C’è lo spazio per fare un accordo con le parti sociali da portare al governo? «No, guardi, l’obiettivo non è fare un accordo con le parti sociali. Questa situazione per molte ragioni è diversa da tante altre: non si può utilizzare uno schema in cui ognuno fa il suo pezzettino e poi il governo li piglia e li traduce. Il nostro obiettivo è un accordo con il governo. Ben venga tutto quello che porta a fattor comune, che unisce. Ma non è che ci sono sette trattative, ce n’è una ed è quella con il governo. Ben venga che si ragioni e che si faccia una discussione, credo che il governo ne debba tener conto, ma non è che gli possiamo rappresentare una situazione per cui su quel tema o su quell’altro c’è il via libera. Il tema è l’accordo con il governo, senza nessun via libera».
In segreteria è stato affrontato il tema della possibile spaccatura?
«Noi quando ragioniamo di una trattativa in una condizione così difficile ci poniamo l’obiettivo di fare l’accordo, non ragioniamo dell’opposto. Noi pensiamo che bisogna assumere le priorità  giuste: i temi dei giovani e degli over 55. Sul tema dell’apprendistato, sulla discussione per la crescita un accordo non è lontano. Ci siamo focalizzati su questi aspetti, non sulle ipotesi che l’accordo non si raggiunga. Una delle ragioni per cui non bisogna mettere al centro della discussione l’articolo 18 è proprio perché bisogna fare un negoziato vero, un accordo sul mercato del lavoro. E non ci pare che la risposta sia l’articolo 18». E se articolo 18 ci sarà , voi tornerete in piazza?
«L’abbiamo già  detto con chiarezza. Ma per una volta vorrei prendere in positivo le dichiarazioni del presidente Monti. Un presidente del Consiglio che dice che non è detto che nell’intesa ci sia quel tema, io dico bene: è detto che non ci deve essere»
Ha già  accennato a dichiarazione improvvide. Ha notato un cambio di posizione di Emma Marcegaglia, magari dovuta alla campagna elettorale per la sua successione…
«Guardi, quando ci confrontiamo con singole imprese non troviamo imprenditori che ci dicono il problema è l’articolo 18. Ci dicono che il problema è che la riforma delle pensioni irrigidisce tutto, che il problema è la disoccupazione. Bisogna tener conto che questa è la realtà , non parlare d’altro». Con Fornero c’è un altro tema delicato, quello della rappresentanza sindacale.
«C’è un tema che viene ancora prima della rappresentanza sindacale. È quello dello stabilimento di Pomigliano dove non entra neanche un lavoratore iscritto alla Fiom. Questa affermazione non ha trovato nessuna smentita dalla Fiat. Questo è il vero tema e credo anche che dimostri come l’articolo 18 continua ad essere assolutamente fondamentale. La Fiat discrimina i lavoratori che hanno scelto un sindacato. La libertà  sindacale è tale se il lavoratore può scegliere, non se c’è azienda che decide quali sono i sindacati giusti. Qui c’è il tema della correzione articolo 19, chiederemo un incontro alla Fornero».


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