«Venite a vedere dove l’art. 18 non c’è…»

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Quanto pesa la crisi, qui?
Portiamo in piazza una necessità  primaria un po’ oscurata nell’agenda del paese e del governo: creare lavoro e sviluppo, tenendo connesso il lavoro con i diritti. L’edilizia è la dimostrazione che non è vero che l’abbassamento dei diriti porta lavoro e cescita. In tre anni abbiamo toccato il picco dal dopoguerra a oggi, 350.000 posti in meno, con 400.000 irregolari o in nero. L’idea di Berlusconi – una scambio meno regole e più lavoro – ha prodotto un risultato ora sotto gli occhi di tutti: dilaga l’illegalità , l’irregolarità , la penetrazione mafiosa.
C’è ben poco art. 18…
Chi sostiene che sia questo un freno agli investimenti, guardi questo settore che – per dimensione di impresa – è in gran parte escluso da quelle tutele. E ne tragga le conclusioni.
Una constatazione. Dovrebbe pesare sul confronto con il governo?
Certo! Questa manifestazione rivendica il tema dello sviluppo, che invece sfugge all’attenzione del governo. La «flessibilità  in entrata» o «in uscita» riguarda chi il lavoro cel’ha; qui serve un’estensione degli ammortizzatori sociali e creare nuovo lavoro. 
Bisogna sbloccare le «grandi opere», o anche tante piccole?
Abbiamo sempre pensato che la strada per rilanciare il settore non sia quella vecchia, devstante per ilterritorio. La ripresa passa per un diverso modello di sviluppo, che coniughi le opere necessarie (ferrovie per il Sud, ecc) con un piano straordinario di interventi a carico degli enti locali. Piccole e medie opere per la messa in sicurezza del territorio, recupero urbano, housing sociale, edilizia popolare, ecc. Tutto quel che serve al paese, oltre che al settore. Sbloccando selettivamente il «patto di stabilità », potrebbero ripartire da subito cantieri e imprese «sane». Che hanno pagato l’abbassamento delle regole andando fuori mercato.
Flessibilità  e stagionalità  totali..
C’è una destrutturazione totale del mercato. L’innesco è dato dall’abbassamento delle regole, da quelle urbanistiche al «massimo ribasso» negli appalti. Oltre all’assenza di qualsiasi criterio di qualificazione delle imprese per l’accesso al mercato, al moltiplicarsi delle imrpese «false» – a cominciare da tante «partite Iva» che sarebbe bene bonificare. Col 3 marzo vogliamo porre il tema di un« lavoro di qualità ». Connesso a diritti e per ottenere diritti. Nella strumentazione che auspichiamo – ma che mi sembra sempre più difficile ottenere nel «confronto» – chiediamo sia reso esisgibile il contrasto al falso lavoro autonomo o l’irregolarità  in generale. Con il Durc o la «patente a punti», che non costano nulla, anzi creano gettito.
Dicevi degli ammortizzatori…
È un tema tutto nell’attualità  del« confronto»: le tutele per chi sta perdendo il lavoro, ma in termini davvero «estensivi», non di mera «spalmatura». Gran parte del settore ha la cig ordinaria per sole 13 settimane… C’è poi il problema della copertura contributiva per i periodi di disoccupazione che, con i criteri dell’ultima riforma pensionistica, abbasseranno ancora i livelli di copertura per gli edili a fine carriera. Al tavolo di Fornero non vediamo ancora nessuna risposta a questo problema. 
C’è chi immagina si possa stare sulle impalcature fino a 67 anni…
Sì, per morirci. Ma anche se ci arrivano vivi, tra stagionalità  e irregolarità , hanno cumulato pochissimi contributi. Senza parlare della «ricongiunzione onerosa», quando si cambia impresa ogni anno.


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