Milano cambia rotta sugli asili: «Aperti ai figli dei clandestini»

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MILANO — «Possono essere iscritti ai servizi all’infanzia del Comune i bambini presenti abitualmente nel Comune di Milano e privi di una residenza anagrafica». È il passaggio centrale della nuovissima circolare della giunta arancione di Giuliano Pisapia sulle iscrizioni a nidi e materne comunali. Ed è la vicesindaco Maria Grazia Guida a sottolineare subito il cambio di rotta rispetto alla precedente amministrazione di Letizia Moratti: «La nostra è un’apertura incondizionata, prima invece le iscrizioni degli irregolari venivano accolte ma con riserva». Come dire, solo adesso a Milano tutti i bambini hanno uguali diritti, anche i figli dei «nuovi milanesi», regolari e irregolari, senza permesso di soggiorno o con permesso scaduto. 
Il documento compare nel tardo pomeriggio sul sito del Comune. E fra le novità  evidenziate da Palazzo Marino ecco «l’accoglienza per tutti i bambini che vivono a Milano». Milanesi, stranieri, regolari e clandestini, tutti hanno diritto a iscriversi ai servizi per l’infanzia, dai nidi alle materne. In serata la vicesindaco con delega all’Istruzione firma un comunicato in cui spiega le ragioni della scelta e cita la Costituzione: «Abbiamo aperto a tutti perché con l’articolo 31 ci richiama alla tutela dell’infanzia e con l’articolo 34 alla garanzia del diritto allo studio». 
Immediata la replica della Lega: «Ma questa è istigazione all’illegalità », sbotta il capogruppo Matteo Salvini. «I bambini non si toccano ma la decisione della giunta Pisapia è un pessimo segnale. La clandestinità , come previsto dalla legge, deve essere punita. Non incoraggiata. Il rischio? Che qualcuno usi i figli per non essere espulso. La soluzione? Lascino i bambini qui e se ne vadano. Non dovrebbero vivere nella clandestinità ».
Tutti i bambini in graduatoria senza precedenze né riserve, come invece era stato in passato. «Non intendiamo penalizzare i figli di cittadini non in regola — ha spiegato ieri Guida — La vecchia amministrazione accoglieva con riserva l’iscrizione di questa tipologia di bambini e perciò era stata condannata perché il provvedimento era stato ritenuto discriminatorio». Un passo indietro. Quando il sindaco Letizia Moratti firmò una circolare per dire niente posto all’asilo ai figli dei genitori che non avranno ottenuto il permesso di soggiorno entro il mese di febbraio, intervenne l’allora ministro Fioroni e minacciò la revoca della parità  a quelle scuole e il taglio dei finanziamenti: «È un illegittimo atto discriminatorio», disse. Poi arrivò, dopo il ricorso di una mamma straniera, l’ordinanza del giudice a stabilire che bastava «l’abituale dimora», che non occorre la residenza anagrafica per iscrivere i figli nelle scuola comunali milanesi. Le graduatorie già  allora furono corrette. E Palazzo Marino fu anche condannato a un risarcimento simbolico di 250 euro per aver discriminato un bimbo.
Anche così si è arrivati all’«apertura incondizionata» di Pisapia. «Ma non cambia nulla, sono solo parole — sostiene l’ex assessore morattiana Mariolina Moioli — Non potevano fare diversamente, dopo la decisione del giudice che obbligò già  noi a utilizzare quella dicitura sull'”abituale dimora”. La verità  è che quelle famiglie restano in coda perché nelle graduatorie senza residenza anagrafica avranno punteggi bassi». «A meno che negli asili di Milano quest’anno non ci sia posto per tutti, la sostanza non cambia — secondo Moioli —. Ci tengono a far vedere che c’è discontinuità  ma poi penalizzato le famiglie: è saltata la territorialità , quindi addio posto nella scuola sotto casa; niente doppia graduatoria quindi sarà  impossibile correggere gli errori e classi da 25 destinate a crescere ancora dopo i ricorsi».


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