Siria, l’ira della Clinton «Una farsa il veto all’Onu»

by Editore | 6 Febbraio 2012 5:37

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NEW YORK — All’indomani del doppio veto di Cina e Russia al Consiglio di Sicurezza, gli Stati Uniti prendono atto dell’inutilità  dell’Onu e lanciano una coalizione internazionale di «amici della Siria democratica» per sostenere il popolo siriano contro il brutale regime di Bashar Assad. «Di fronte ad un Consiglio di Sicurezza castrato, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi al di fuori delle Nazioni Unite, insieme a quei partner e alleati che appoggiano il diritto del popolo siriano ad un futuro migliore», ha dichiarato ieri la Segretaria di Stato Hillary Clinton durante la sua visita ufficiale in Bulgaria. 
Clinton ha bollato come «una farsa» il veto di Russia e Cina contro la risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza dalla Lega Araba per costringere Assad a farsi da parte, cedere il potere ad un vice, ritirare le truppe e dar via ad una transizione democratica. 
A due giorni dall’ultima strage, con 250 uomini, donne e bambini uccisi a Homs dalle bombe di regime, l’America fa sua la proposta lanciata sabato dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che punta ad aggirare l’Onu creando un «gruppo di contatto».
La franchezza del linguaggio usato da Clinton e dall’ambasciatrice americana all’Onu Susan Rice (che sabato si era detta «disgustata» dal veto) echeggiano la posizione del presidente Obama che alla vigilia del voto aveva dichiarato che «un leader che brutalizza e massacra il proprio popolo non merita di governare».
Ma se la tensione tra Mosca e Washington continua a salire, quest’ultima beneficia di una ritrovata popolarità  tra gli stessi Paesi del Palazzo di Vetro che in passato, sul dossier Israele-palestinesi, facevano regolarmente quadrato contro la diplomazia americana. Il Marocco, unico membro arabo del Consiglio di Sicurezza, ha espresso «grande rimpianto e delusione» per un veto che il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha definito «il segnale che la logica della Guerra Fredda permane all’Onu». 
Mentre gli oppositori del regime siriano che fanno capo al Consiglio nazionale parlano di «licenza d’uccidere» ed accusano Russia e Cina di «responsabilità  nei genocidi», Nabil Elaraby, il capo della Lega Araba che ha appena sospeso una missione di osservatori in Siria, avverte che «continueremo a cercare sostegno per una proposta che gode del favore internazionale».
Dal canto suo la Russia annuncia l’invio a Damasco, già  martedì, del suo ministro degli Esteri, Serghej Lavrov e del direttore dei servizi segreti esterni russi, Miajil Fradkov, incaricati di lavorare alla realizzazione di «riforme democratiche indispensabili». In attesa di vedere che cosa potrà  scaturire dall’incontro, Washington comunica la sua intenzione di rafforzare le sanzioni contro Damasco per bloccare finanziamenti e vendite d’armi al presidente Bashar al Assad, chiedendo ai partner occidentali di fare altrettanto. 
In serata ha risposto, a nome dell’Unione Europea, il ministro degli Esteri francese Alain Juppé. «L’Europa rafforzerà  le sanzioni — ha detto — aumenteremo la pressione internazionale in modo che il regime dovrà  constatare che è isolato e non può più andare avanti».

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