Un poker di nuovi farmaci per fermare tumore e metastasi
Il tumore della prostata, soprattutto quello con metastasi, trattato come una qualsiasi malattia cronica, diabete, ipertensione, cardiopatia e non come un pericoloso e preoccupante stadio terminale. È questo lo scenario futuro che tracciano David Crawford e Thomas Flaig, ricercatori del Cancer Center dell’Università del Colorado che hanno pubblicato sulla rivista Oncology una revisione dei nuovi progressi farmacologici riguardante proprio il cancro prostatico metastatizzato. Un problema diffuso che, ogni anno, negli Usa uccide circa 700mila persone e tra queste i due terzi con metastasi ossee. In Italia, ogni anno, si registrano 35-40.000 nuovi casi di tumore con più di novemila decessi e nel 18-48% dei casi le metastasi ossee sono il primo segno di neoplasia, mentre nel 27-47% seguono la diagnosi.
I farmaci di cui parlano i ricercatori sono quattro, differenti tra di loro ma tutti con un’azione più specifica di quelli esistenti, sinergica e capace di bloccare le metastasi. Per ora il dato è solo sperimentale, ma è già al vaglio delle autorità competenti, Fda negli Stati Uniti ed Ema in Europa. Il più interessante è il Radio 223 (alpharidin), in grado di emettere radiazioni alfa. Iniettato nell’organismo, questo radiofarmaco si inserisce nel metabolismo dell’osso, ma solo dove più intensa è la sede di attività e quindi al livello delle metastasi. Le radiazioni alfa hanno un raggio di azione molto corto, 100 micron, pari a dieci diametri cellulari; questo consente di liberare molta energia senza danneggiare le zone sane, provocando una doppia rottura del Dna, e non una, come altre radiazioni, con una maggiore efficacia nella distruzione delle cellule tumorali e con un risparmio del midollo.
Un altro farmaco è l’acetato abiraterone, un antiandrogeno che sopprime la capacità di fabbricare testosterone e quindi più efficace rispetto all’azione competitiva dei farmaci attuali, che risulta spesso incompleta e consente al tumore di progredire. Ma la ricerca ha pensato anche a come proteggere l’osso, sede prediletta delle metastasi del tumore prostatico e del seno, mediante una molecola molto più specifica rispetto a quelle utilizzate attualmente contro l’osteoporosi: si tratta del denosumab che, secondo Crawford, ha tre azioni protettive sull’osso con metastasi: prevenzione delle fratture, prevenzione dell’osteoporosi secondaria alla terapia ormonale antitumorale, stabilizzazione delle metastasi per una media di 4 mesi.
Infine il Prostvac, il primo farmaco “immunoterapico” utilizzato per il trattamento del cancro prostatico, che stimola il sistema immunitario a riconoscere e contrastare le cellule tumorali. In uno studio clinico di fase II su 125 pazienti, il farmaco ha esteso il tempo mediano di sopravvivenza da 16,6 a 25,1 mesi, ma per ora è stato impiegato solo quando le altre terapie disponibili avevano fallito.
* Specialista Urologo
e Andrologo, Clinica Urologica, Genova
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