Una fragile libertà  di informazione

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Libertà  intesa, bada bene, non come possibilità  teorica di far circolare idee, raccontare fatti e fare inchieste, quanto piuttosto come diritto di informare, senza correre rischi insopportabili, che dissuadano dal farlo.
È questo pericolo che la Convenzione europea fronteggia quando, all’art.10, prevede che, fermi restando obblighi e responsabilità , non vi possono essere interferenze nella libertà  di espressione, «pietra angolare dell’ordine democratico» e «fondamento della democrazia», secondo la Corte costituzionale e si deve, perciò, procedere alla rimozione degli ostacoli che la limitino, al di là  dello stretto necessario.
In questi ultimi mesi, in Italia, giudici della Repubblica hanno disposto, nell’ordine e applicando la legge, la totale eliminazione dal mercato di un libro, pure riconosciuto espressione del diritto di critica, perché lesivo della leale concorrenza commerciale e la condanna dell’autore al pagamento di 300 mila euro di risarcimento; il totale oscuramento, in fase di indagini, di un intero sito web, siccome contenente una sola frase, ritenuta diffamatoria dagli interessati e dal pm; la condanna della Rai e di un giornalista a rifondere danni patrimoniali e non, ammontanti a ben 7 milioni di euro — 14 miliardi del vecchio conio! — di cui circa 5 milioni per danni non patrimoniali, per aver denigrato, con «parole» e «atteggiamenti» un’autovettura, falsamente indicandola come «tecnicamente perdente», in una gara di velocità  su pista.
È vero — e la mia esperienza professionale lo conferma — che la diffusione di notizie false e diffamatorie può distruggere la vittima, tanto più profondamente, quanto meno si tratti di personaggio noto, che può facilmente accedere ai mass media, per ripristinare subito la verità .
E chissà  quanti altri provvedimenti, mai assurti all’onore delle cronache, perché destinati a tutelare persone comuni, potrebbero essere citati, in modo altrettanto pertinente.
Quelli che ho ricordato — e sarà  per questo che se ne è parlato — riguardano invece vittime illustri che, rapidamente e con discreta soddisfazione, hanno visto punire il reprobo che le ha offese.
E siccome il sistema è ben strutturato, l’esecuzione del primo provvedimento è stata sospesa, contro il secondo si potrà  ricorrere al Tribunale del riesame e nei confronti del terzo la Rai ha già  annunciato appello.
Ma sta davvero bene la libertà  di informazione in un Paese in cui possono, intanto e legittimamente, essere adottati quei provvedimenti o non ha piuttosto bisogno di una bella cura ricostituente?
Avvocato, esperto di diritto dell’informazione


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