Alto, tatuato e vestito di nero ecco il killer dell’odio che semina terrore in Francia

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TOLOSA – Alle nove della sera il poliziotto appoggia lo sguardo sulle ginocchia. «Lo stiamo studiando, e lo prenderemo». Chi è l’uomo nero che spara ai bambini ebrei? Che razza di bestia si acquatta dietro il fantasma che monta in scooter e scatena la guerra all’ingresso del collegio ebraico Ozar Hatorah? In quale brodo fermenta il suo odio, forse seriale? «Iniziamo col dire che cosa non è – ragiona l’investigatore, in campo dal mattino e in contatto febbrile coi colleghi che coordinano la caccia al killer nella regione del Midi-Pirenei – Non è un semplice folle. Se fosse un assassino improvvisato, uno che spara per strada alle prime persone che incontra, quasi certamente non si sarebbe portato due pistole. Non è nemmeno uno inesperto. Dalle testimonianze che abbiamo raccolto davanti alla scuola, emerge, anzi, che maneggiava le armi con dimestichezza e, probabilmente, da come si muoveva, aveva pianificato la strage nei dettagli». Dodici ore dopo il massacro di rue Dalou a Tolosa c’è un mosaico da comporre, a cui dare una qualche idea di nesso logico, di logica criminale. Del boia impazzito si sanno poche cose certe, e altre se ne sospettano. «Discreti indizi», dicono in Procura. Le cose che si sanno sono queste. Che è arrivato in scooter e che dopo avere abbattuto i suoi obiettivi è schizzato via accelerando. Che è grosso, grosso come può essere un paracadutista, un tipo muscoloso, tatuato, vestito di nero, coperto dal casco. Che aveva due pistole (una si è inceppata), ma soprattutto che quella che ha ucciso è dello stesso calibro 11,43 di quella utilizzata l’11 e il 15 marzo nei due agguati contro i militari – paracadutisti – acquartierati presso Montauban e Tolosa. Uguale è anche lo scooterone Yamaha T-Max 500, forse cambia solo il colore. Altro punto, sempre dai primi riscontri effettuati sul luogo della strage dalla polizia scientifica: è un fatto che il killer, dopo avere avviato la mattanza sparando all’impazzata, ha poi scelto con cura e a sangue freddo le sue vittime, inseguendo addirittura i bambini oltre il cancello della scuola ebraica. Tra cose che si sospettano ce n’è una avvalorata dalle parole del premier Sarkozy: a muovere la follia dell’uomo nero potrebbe essere stato, anzi, si suppone sia stato, l’odio antisemita. Una strage «razzista», «etnica», chissà , forse persino religiosa. Uno sprofondo personale e collettivo coltivato con metodo e, raccontano i dati in possesso degli investigatori, eseguito con tempi e modi che appaiono molto simili a quelli di un ingaggio militare o paramilitare. Ora: siccome tra le piste battute c’è quella neonazista, bisogna chiedersi: che c’entra con l’orrore francese questa ipotesi che riconduce l’origine della strage dei bambini ad un focolaio «militare»?
Se come dice il capo dello Stato il killer è lo stesso degli attacchi militari dei giorni scorsi, tutta questa storia, e la sua sequenza omicida, si annodano intorno a una costante: i paracadutisti. Forse, come scrive Le Point, quelli cacciati quattro anni fa dalla caserma di Montauban perché ritenuti vicini a gruppi neonazi. Un affronto da lavare col sangue? E chi è il braccio armato, un lupo solitario, come dice qualcuno, o un esecutore che agisce per conto di un gruppo di fanatici addestrati alla antisemitismo? In questa storia conviene tenersi alla larga dai luoghi comuni sulla componente ideologica e politica – spesso fortemente identitaria e nazionalista – che alberga in certi reggimenti di paracadutisti non solo europei. Tuttavia, e le parole di Sarkozy lo dimostrano, non ha senso sottovalutare che tra gli scenari ipotizzati da chi sta lavorando sulla strage dei bambini ebrei ce n’è uno che si sedimenta su un terreno melmoso. Quello, appunto, della cellula impazzita neonazista, che dopo avere incubato il delirio antisemita negli stanzoni della caserma di Montauban, e magari anche in altre, una volta scoperta e espulsa ha propalato tutta la sua carica aggressiva con tre azioni mirate: prima gli agguati «vendetta» contro gli ex commilitoni che li avevano smascherati, poi la carneficina davanti al collegio privati frequentato da studenti di origine israeliana.
Nella regione di Tolosa in queste ore si respira un clima di angoscia: ieri pomeriggio la notizia che il killer potrebbe essere lo stesso che ha agito l’11 e il 15 marzo nel raggio di cinquanta chilometri, e cioè tra Tolosa e Montauban, ha fatto aumentare la paura collettiva nella comunità  ebraica. C’è però un elemento che da’ qualche speranza: il Breivik francese ha lasciato delle tracce dietro di sé, tracce che riconducono a un ambiente, quello degli ex paracadutisti, già  nel mirino della polizia in questi giorni. Le coincidenze sono tante, troppe. Forse l’uomo nero, con la strage di ieri, ha indicato la strada che conduce al suo nascondiglio.


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