Azzerata la cassa per le calamità  «Cambiate la legge»

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ROMA — Rischia di esplodere un nuovo caso sulla copertura finanziaria dei decreti legge del governo Monti. E stavolta riguarda il provvedimento sulle semplificazioni, già  approvato dalla Camera, adesso all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato, e che deve essere convertito in legge entro il 9 aprile. Il problema riguarda il meccanismo che finanzia il fondo per gli imprevisti, 600 milioni di euro nelle casse della presidenza del Consiglio che vengono usati per i primi interventi in caso di calamità  naturale e anche per le spese riservate. Un emendamento approvato alla Camera ha cancellato il meccanismo che, in caso di utilizzo di quei soldi, prevedeva un aumento automatico delle accise sulla benzina. Già  alla Camera ne era nato un caso, poi chiuso dalla questione di fiducia. Ma al Senato il nodo è tornato al pettine.
A Palazzo Madama è arrivata la relazione della Ragioneria generale dello Stato, chiamata a vigiliare sull’equilibrio nei conti di ogni legge. E il documento esprime «parere contrario» sull’emendamento aggiunto alla Camera perché «si determinerebbe una situazione di carenza di copertura finanziaria». La Ragioneria ricorda che le «spese per le emergenze sul territorio nel 2011 hanno superato il miliardo di euro». E quindi il fondo da 600 milioni senza quel «meccanismo che si intende abrogare non risulterebbe sufficiente a fronteggiare le emergenze che si susseguono nel corso dell’anno». Cosa fare adesso? La questione è stata discussa a Palazzo Chigi. E secondo uno dei due relatori al Senato — Andrea Pastore del Pdl — si tratta di un «problema che deve trovare una soluzione». Possibile un nuovo emendamento che costringerebbe a un nuovo passaggio alla Camera in tempi strettissimi. In realtà  il decreto dovrebbe tornare a Montecitorio anche per un’altra modifica visto che il governo ha presentato un proprio emendamento su una questione tecnica che però ha provocato violente polemiche. Il testo uscito dalla Camera obbliga Telecom a vendere i servizi di affitto del cosiddetto «ultimo miglio», il tratto di rete che arriva fino al telefono di casa, separatamente da quelli per l’attivazione della linea e la manutenzione. Una modifica che Telecom ha bollato come un «esproprio». Ma l’emendamento del ministro per la Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, senza cancellare la norma, specifica che a occuparsi della questione deve essere l’Agcom, l’autorità  per le comunicazioni. Insorge la Lega, che ha firmato la proposta insieme al Pdl, accusando il governo di «essere suddito del monopolista». Risultato: ieri l’emendamento è stato accantonato dalla commissione Affari costituzionali e l’altro relatore, Maria Fortuna Incostante (Pd), dice che si «lavora ad eventuali modifiche».
Sempre al Senato oggi riprende la discussione su un altro decreto legge, quello per le semplificazioni fiscali. E qui si lavora alle soluzioni possibili per l’Imu, la nuova Ici. «È stata una misura d’emergenza — dice il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo — per far abbassare lo spread. Ora che gli spread si riducono si tratta di fare opera di manutenzione». Non vuol dire che non pagheremo l’Imu, ma che ci potrebbero essere possibili limature in due settori, secondo Polillo: «L’agricoltura e le case invendute che restano ai costruttori».


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