Bersani archivia il caso Palermo e punta tutto su Camusso e Fornero
ROMA – Pier Luigi Bersani si è messo alle spalle le primarie di Palermo. Ne riparlerà nella direzione del 26 marzo, ma il sostegno al vincitore Fabrizio Ferrandelli è fuori discussione. Il Pd non seguirà l’Italia dei Valori sulla strada delle carte bollate e della denuncia del “voto inquinato”. L’esito dei gazebo sarà rispettato. Da ieri, dal momento in cui alle 11,30 il segretario democratico è scomparso per misteriosi appuntamenti è cominciata un’altra partita cruciale per le sorti del Pd e per la tenuta dello stesso Bersani: la riforma del mercato del lavoro. Nelle ultimissime ore il leader ha incontrato a quattr’occhi sia il ministro del Welfare Elsa Fornero sia il segretario della Cgil Susanna Camusso. Bersani punta a trovare una sintesi per il tavolo delle parti sociali. Il lavoro è il chiodo fisso naturale di un partito di sinistra. Ma serve anche a evitare nuove dirompenti fratture dentro il Pd.
Se riesce nell’impresa, che sarà oggi anche al centro del colloquio con Monti, Alfano e Casini, Bersani avrà nuove carte da giocare e respingerà l’assalto alla sua segreteria che potrebbe venire, sul lavoro, da destra e da sinistra. La strategia prevede la ricucitura tra i sindacati. E un aiuto all’Udc che su questi temi è molto sensibilizzata dalla Cisl. Bersani ne uscirebbe rafforzato portando a casa un risultato per il mondo che è ancora il suo primo punto di riferimento. Oggi a Palazzo Chigi, batterà sul tasto delle risorse per gli ammortizzatori sociali, snodo decisivo per portare anche la Cgil alla firma. «E se va bene, io continuerò a metterci la faccia come sto facendo in questi giorni. Sono uno dei pochi leader politici che può andare ai cancelli della Fincantieri di Palermo. Perché loro sanno che quando ero ministro ho risolto tante vertenze delicate», ha spiegato ieri durante la riunione della segreteria.
Per non offrire il fianco a nuove polemiche, il leader democratico ha disinnescato ieri anche la mina della manifestazione della Fiom (andrà comunque Furio Colombo). Stefano Fassina e Matteo Orfini, i due “giovani turchi” bersaniani, rinunciano a sfilare in corteo con i metalmeccanici venerdì «perché la piattaforma è stata allargata ai No Tav». Così per Bersani è più semplice tenere aperto il dialogo con il governo. Perché non vuole certo abbandonare la nave: «Dobbiamo continuare a sostenere Monti senza perdere di vista le tante aree di sofferenza economica nel paese».
Dunque, Bersani non intende regalare il premier a nessuno. Ma punta fino all’ultimo a non perdere il treno di Idv e Sel per agganciarlo al Terzo Polo. Ne ha parlato con Enrico Letta, il vicesegretario che ha condannato la foto di Vasto criticando la scelta di Rita Borsellino a Palermo. Serviva un chiarimento perché le parole di Letta non sono state gradite dal leader. E non solo da lui. «Sono allibito. Andiamo al voto dappertutto con l’alleanza di centrosinistra e mancano solo 60 giorni. Basta sbranarci tra di noi», osserva Nicola Zingaretti. Nichi Vendola taglia corto: «Spero che non si voglia sostituire la foto di Vasto con la foto di Arcore». Ma il colloquio tra Bersani e Letta era necessario anche capire quanto gli equilibri interni stanno cambiando. Per costruire un ponte che va da Sel a Casini il segretario ha deciso di seguire da lontano il dibattito sulla legge elettorale in modo da non urtare nessuno. Sapendo che il confronto non decollerà prima delle amministrative. Bersani, insomma, crede con forza all’ipotesi di un Pd baricentro dell’alleanza e di conseguenza a un segretario che può giocarsi le sue carte per la corsa a Palazzo Chigi.
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