Dentro il nome della malattia

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«È una delle più interessanti etichette in psichiatria. I bambini con Sindrome di Asperger, una forma moderata di autismo, sono socialmente maldestri e spesso impacciati. Tuttavia sono prodigi nel linguaggio, usano frasi complesse precocemente, leggono bene il giornale. A cinque-sei anni acquisiscono competenze che prediligono: stegosauri, navi da cargo, percorsi autostradali. Meravigliano gli adulti e annoiano gli amici fino alle lacrime». Così un servizio di Claudia Wallis sul «New York Times» del 3 novembre 2009. Nell’articolo Catherine Lord, direttrice di un Centro studi su Comunicazione e Autismo dell’Università  del Michigan, sostiene come la diagnosi di Asperger sia confusiva e non basata sull’evidenza (Evidence Based). Ma il servizio fa riferimento anche alle pubblicazioni di autori diagnosticati Asperger, come John Elder Robinson che in Look Me in the Eyes (Crown, 2007) «descrive un’infanzia dolorosa e solitaria» cui si accompagna il talento nell’inventare effetti audio e chitarre esplosive per una famosa rock band.
Piccoli professori
Alcuni ritengono che la categoria di Sindrome di Asperger debba scomparire dalla quinta edizione del Dsm, sostituita dalla diagnosi di Mild Autistic Disorder (Disturbo autistico moderato). Ciò che meraviglia in queste discussioni scientifiche è l’assoluta ignoranza delle origini di una diagnosi. Almeno per capire di che si sta parlando. Asperger sarà  qualcuno che ha scoperto la Sindrome di Asperger – poco importa chi sia, è chi dà  il nome alla malattia: il Golem si installa anche nella soffitta di casa dello Spettro Autistico. 
Si racconta che durante la propria infanzia Asperger mostrasse alcuni tratti autistici simili a quelli da lui descritti quando conia il termine psicopatia autistica, nel 1944. Nello stesso periodo Leo Kanner conia la diagnosi di autismo infantile precoce. I due, Asperger e Kanner, sono austriaci, tuttavia Kanner lavora a Baltimora, mentre Asperger pratica nel paese d’origine. Kanner descrive l’autismo infantile come un disturbo grave, caratterizzato da un estremo auto-isolamento e dalla necessità  ossessiva di mantenere rituali ripetitivi. Per Kanner la distinzione tra ciò che allora era definita oligofrenia e l’autismo era legata alla presenza, nei bambini autistici, di questi rituali ossessivi, non presenti nei cosiddetti oligofrenici. Inoltre Kanner riteneva che l’ambiente familiare costituisse parte dell’autismo, fu Kanner, e non Bettelheim, a descrivere l’ambiente familiare freddo. Bettelheim non fece altro che radicalizzare l’opinione di Kanner, creando il panico tra i familiari di tutto il mondo occidentale.
Asperger, al contrario, descrive l’autismo come un disordine infantile a evoluzione positiva. Diversamente da Kanner, che ritiene i bambini autistici affetti da ritardi mentali, Asperger vede nei suoi pazienti capacità  intellettive ottime, a volte straordinarie. Chiama i suoi pazienti piccoli professori e uno di loro, Fritz V., diventa ricercatore in Astronomia; da bambino aveva già  scoperto un errore di Newton.
Ipotesi diagnostiche
Kanner ebbe un enorme successo scientifico e letterario e l’autismo divenne ciò che stava nelle sue descrizioni, Asperger rimase per molti anni quasi sconosciuto. Il suo primo lavoro intorno al tema, pubblicato in tedesco nel 1944, fu tradotto e conosciuto a livello mondiale solo nel 1991, dieci anni dopo la sua morte. A quel punto l’imbarazzo della comunità  scientifica fu grande. La questione fu temporaneamente risolta sostenendo che vi erano due autismi: l’autismo di Kanner e la sindrome di Asperger, in una sorta di schizofrenia descrittiva.
Invero la schizofrenia c’entra in modo inquietante. Fu Bleuler il primo a usare il termine autismo per aggettivare una forma di schizofrenia a insorgenza adolescenziale, la schizofrenia ebefrenica. L’autismo, per Bleuler, era uno dei sintomi di questo disordine mentale. Trentatré anni dopo, con Kanner e Asperger, l’autismo divenne nome della malattia. Le parole hanno un potere che va di là  da chi le inventa e le usa, fatto che spesso i clinici ignorano. Per un lungo periodo si pensò che l’autismo fosse schizofrenia infantile. Così nella prima edizione del manuale diagnostico americano (Dsm-1) del 1952 l’autismo è descritto nei termini di reazione schizofrenica di tipo infantile e nella seconda edizione (Dsm-2) del 1968 come schizofrenia di tipo infantile.
La clinica dell’autismo stava prendendo una brutta piega, l’associazione con la schizofrenia, allora ritenuta una malattia deteriorante, creava un quadro metaforico terribile nei confronti delle due condizioni, invero tra loro assai diverse, entrambe viste come situazioni disperate. Tutti si erano dimenticati di Asperger e delle sue conclusioni a evoluzione positiva. Personalmente ricordo la prima volta che mi capitò di proporre un’ipotesi diagnostica di Sindrome di Asperger, nel 1994. Fui rimproverato dal direttore dell’istituto dove lavoravo perché, benché presente nel manuale, la sindrome era considerata non diagnosticabile, una variante della normalità . 
Come se Asperger avesse avuto le traveggole. Asperger aveva descritto un fenomeno clinico rilevante, come si osserva dalla lettura dei suoi saggi scientifici. Alcuni sospettano che la descrizione positiva servisse per evitare, durante il nazismo, che quei bambini potessero essere sterminati. Tuttavia il primo saggio esce nel 1944 e Asperger manterrà  la stesse posizioni cliniche lungo tutto l’arco della sua vita. Credo piuttosto che la descrizione positiva dell’autismo abbia salvato alcuni bambini da un altro universo concentrazionario – l’istituzione totale – e dall’allontanamento insensato dalla propria famiglia. 
Aspies for Freedom
Che fine facevano i bambini autistici prima che questa diagnosi fosse contemplata? Incuriositi dalla questione, un gruppo di studiosi di cui faccio parte ha promosso una ricerca sull’autismo prima dell’esistenza della sua diagnosi – del nome della malattia – presso gli Archivi Psichiatrici dell’Isola di San Servolo a Venezia. Le cartelle cliniche analizzate appartengono a un periodo che va dal 1860 al 1940, molte riguardano persone ricoverate in età  infantile – tre, sei, undici anni – e le descrizioni del medico si orientano verso una condizione che oggi definiremmo autistica. Il nome della malattia a quei tempi era idiozia, o idiotismo, in un calderone che metteva insieme ritardi cognitivi e autismi. 
I bambini autistici hanno sempre irritato le pratiche cliniche e le società  benpensanti, hanno sempre suscitato un certo accanimento terapeutico, anche prima dell’esistenza della diagnosi di autismo. L’unica voce fuori dal coro clinico per un lungo periodo fu Asperger, e non tedia il sospetto che potesse venire ignorata a proposito.
In tempi recenti si è diffusa nel mondo anglosassone una letteratura intorno all’autismo e alla sindrome di Asperger scritta da persone autistiche, le opere più note sono quelle di Temple Grandin, professoressa di zootecnia presso un’università  negli Stati Uniti. Così si è sviluppata una corrente definita disability studies. Molte persone disabili, non solo autistiche, hanno descritto la loro condizione esistenziale dall’interno e molti professionisti della salute mentale li hanno invitati a tenere conferenze sull’argomento, riconoscendo il grande valore di queste esperienze e delle considerazioni pratiche e teoriche che emergono da quei contributi. Uno dei più importanti studiosi italiani di disability studies – in particolare della sindrome di Asperger – è Enrico Valtellina, che nel 2010 ha pubblicato Sindrome di Asperger, HFA e formazione superiore, dove HFA sta per High Functioning Autism (autismo ad alto funzionamento). 
Nel periodo successivo alla diffusione del pensiero di Asperger si sono sviluppati anche movimenti identitari. Il più noto è stato promosso dall’australiana Judy Singer, una sociologa che nel 1999 coniò il termine neurodiversità , sostenendo che gli asperger, o aspies, sono persone con una diversità  neurologica. Secondo gli esponenti di queste culture identitarie, gli autistici devono combattere ogni tipo di terapia abusiva. Nel 2004 nasce il movimento Aspies for freedom che sostiene che l’autismo e la sindrome di Asperger non sono negativi e non sono sempre una disabilità . A proposito del termine neurodiversità , Judy Singer scrive: «non sono certa se ho inventato io il termine o se è nell’aria, è parte dello Zeitgeist (spirito del tempo)». Gli aspies, usando in modo rigoroso i criteri dell’attuale Dsm (manuale diagnostico per la psicopatologia), hanno costruito la diagnosi di neurotipicità , da attribuire alle persone supposte normali, o normodotate. 
Soggetti cerebrali
Ora comprendiamo come mai la dottoressa Lord fosse così preoccupata di togliere il nome Asperger alla sindrome. Le ragioni sembrano più legate alla riappropriazione di un disagio da parte di un movimento sociale che all’evidence based medicine. I movimenti aspie, spesso composti di giovani adulti, sono entrati presto in contrasto con le associazioni dei genitori di bambini autistici, che li accusano di simulazione e menzogna. Interessante: sia i movimenti identitari, sia le associazioni dei genitori, che si combattono tra loro a suon di azioni legali, sono d’accordo su un punto: no alla psicoanalisi. È doveroso ammettere che la psicoanalisi dominante, che aveva adottato la linea Kanner-Bettelheim, ha creato un’enorme aura mortifera. Come un boomerang, l’aura è tornata indietro, e ancora allusioni alle madri evitanti e disorganizzanti sono proposte dalle teorie dell’attaccamento, che coniugano la psicoanalisi di Bowlby con il cognitivismo nord-americano. 
Sono poi sorti studi intorno alle querelles e alle forme che questi movimenti assumono nell’epoca in cui la soggettivazione passa attraverso la cerebralizzazione. Ciò che si fa accade per via dei neurotrasmettitori e dei neuroni, la persona perde la responsabilità  e viene ridotta a soggetto cerebrale. Se mi prostituisco o mi comporto come lo scorso presidente del consiglio, si tratta di un eccesso di serotonina e di dopamina. 
Uno dei più importanti ricercatori di questo fenomeno è Francisco Ortega, autore del libro Il corpo incerto (Antigone 2009, pp. 268, euro 28). La produzione scientifica e letteraria intorno alle conseguenze della riscoperta di Asperger si sta diffondendo anche in Italia. Enrico Valtellina e Francisco Ortega hanno contribuito al volume di autori vari L’avventura delle differenze, (Liguori 2011, pp. 266, euro 19,90) e lo scorso novembre hanno promosso e organizzato il convegno internazionale Tipi umani particolarmente strani. Le culture dell’autismo. Tutto ciò che è accaduto dagli anni Novanta – se nel 1991 non fosse stato riletto e riscoperto il contributo di Asperger – non sarebbe stato possibile, se Asperger non avesse colto l’aspetto vitale dell’autismo, cambiando la metafora della malattia. 
Sordi rumori di battaglia
Esistono forme più o meno gravi di autismo, non c’è dubbio, Kanner ha visto le più gravi, Asperger le meno gravi. Tuttavia lo sguardo clinico ha un’influenza importante sul decorso della malattia e non è da escludere che alcune forme di intervento massiccio, che pensano l’autismo come una malattia da riparare per rendere il soggetto normale, possano avere conseguenze negative sullo sviluppo di una bambina o di un bambino autistico, come in ogni altra forma di terapia coatta. Se pure tutti i casi visti da Kanner avessero avuto esito infausto e tutti quelli curati da Asperger uno sviluppo esistenziale positivo, si potrebbe ancora pensare a un tertium: forse alcuni casi di Kanner, se fossero stati osservati da Asperger, avrebbero avuto esiti positivi e viceversa. Asperger faceva clinica con il soggetto, ne coglieva l’unicità , le sue definizioni avevano lo scopo di indicare un fenomeno, non quello di stabilire categorie diagnostiche infauste, o trattabili solo sul piano della guarigione. Questo lo scientismo, tipico della clinica contemporanea, non lo contempla. Così l’autismo è diventato un campo di battaglia ideologica i cui contendenti non si rendono neppure conto di stare dalla stessa parte. 
Come in ogni guerra le donne e i bambini rimangono attoniti a guardare il rumore sordo della battaglia. Così è rimasto Asperger per quasi cinquant’anni. Ora che è stato riscoperto, sono pochi a farne tesoro.


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