Ebadi: il carcere non piegherà le attiviste iraniane
Vorrei ricordare anche che a Genova è stata dedicata una piazzetta a Neda Soltani, la giovane donne uccisa dal regime nel corso delle manifestazioni di protesta avvenute a Teheran nel 2009. La solidarietà nei confronti di Sakineh Ashtiani, condannata alla lapidazione, ha contribuito alla momentanea sospensione dell’esecuzione. Queste manifestazioni di solidarietà nei nostri confronti sono di grande supporto morale.
Come dicevo, oggi le donne iraniane soffrono ancora per l’ingiustizia e la discriminazione che subiscono di fronte alla legge. Per legge, la vita di una donna è considerata la metà di quella di un uomo: se una donna e un uomo subiscono gli stessi danni, la donna avrà un risarcimento dimezzato rispetto a quello riconosciuto all’uomo. Sempre secondo la legge, la testimonianza in tribunale di due donne è equivalente a quella di un solo uomo. Un uomo può sposarsi quattro volte e può divorziare quando lo desidera, senza giustificazioni. Per le donne, chiedere il divorzio è molto difficile, in alcuni casi impossibile.
Questi sono solo dei piccoli esempi della grande discriminazione di genere introdotta legalmente a partire dalla rivoluzione del 1979. Le donne iraniane contrastano questa discriminazione e si battono unite per conquistare i loro diritti, nonostante i numerosi ostacoli, a cominciare dall’arresto delle attiviste. La Procura le accusa di essere sovversive e di agire contro la sicurezza nazionale. In realtà , rivendicano solo i loro diritti.
In questo periodo, molte donne soffrono o per l’arresto diretto o per l’attesa, fuori dalle carceri, di notizie dei loro cari in prigione. A ogni voce di dissenso politico si risponde con il carcere e questa politica repressiva ha anche una conseguenza economica, perché spesso gli arrestati sono portatori di unico reddito, la cui mancanza è subita dal nucleo familiare, in primis dalle donne. Il governo risponde con condanne a lungo termine e fa subire ristrettezze economiche alle famiglie.
Vorrei inoltre segnalare la difficoltà in cui si trovano le detenute madri alle quali il governo, come ricatto, impedisce di vedere i propri figli. Una di queste detenute è Nasrin Setoudeh, che ha due figli, una di 12 anni e uno di 5. In questi ultimi mesi, hanno avuto il permesso di incontrarsi poche volte con la mamma, senza poter avere alcun contatto fisico. Questa violenza psicologica viene usata per mettere in ginocchio le attiviste. Sebbene non sia facile sopportare queste pressioni, in particolare per una madre, le donne iraniane non si arrendono e, unite e solidali, non smetteranno di lottare fino alla conquista di pari diritti. Io so che un giorno non lontano le donne iraniane raggiungeranno i loro obiettivi e ringrazio voi, popolo italiano, per aver sempre sostenuto e ricordato la lotte delle mie concittadine.
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