Enel taglia la cedola e cade a Piazza Affari

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MILANO – «Con la bocciatura da parte di Standard and Poor’s possiamo dire che tutte le cattive notizie sono terminate. Avendo raggiunto il nostro momento peggiore ora possiamo solo migliorare». Con realismo, l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti ha ben fotografato quanto accaduto ieri. L’annuncio del taglio della cedola (che nel 2012 scenderà  da 60 ad “almeno” il 40% del monte dividendi) ha provocato un crollo del titolo in Borsa. Arrivato a perdere oltre l’8% della capitalizzazione, i titoli della società  hanno chiuso la seduta in calo del 5,66%, portando le quotazioni a un passo del minimo storico: 2,86 euro per azione contro i 2,84 euro del 24 novembre scorso. Ben lontano dai massimi recenti dei primi di ottobre (3,59 euro) e anni luce dai 7 euro del 2007. Da allora, la crisi finanziaria prima e la recessione che ha colpito l’economia del Vecchio Continente, con conseguente calo della domanda di energia elettrica, hanno un poco alla volta minato il valore delle quotazioni.
E pur avendo chiuso il 2011 centrando gli obiettivi di bilancio che erano stati annunciati al mercato, l’ad di Enel ieri ha comunicato che gli azionisti dovranno rinunciare a parte dei dividendi se vorranno vedere il titolo risalire in Borsa. Tutto questo a causa di una ripresa che, di sicuro, non arriverà  per tutto il 2012; e solo nel 2016 è previsto che le economie europee possano tornare ai livelli del 2007. In sostanza, il nuovo piano industriale di Enel si allinea alle nuove previsioni.
Ma andiamo con ordine. Il 2011 si è chiuso con un utile in calo del 7% a 4 miliardi, per lo più a causa dal maggior impatto del carico fiscale (la Robin Hood Tax imposta dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti alle società  dell’energia). E con un indebitamento rimasto invariato a 44,62 miliardi. Il nuovo piano industriale prevede margini operativi a 16,5 miliardi per il 2012, destinati poi a salire fino a 19 miliardi nel 2016. Mentre l’utile passerà  dai 3,4 miliardi dell’anno in corso fino ai 5 miliardi del 2016. Sempre a fine piano, l’indebitamento netto scenderà  a 30 miliardi. 
Per garantire questi risultati, Enel non potrà  che giocare su tre fattori: ulteriori risparmi, minori investimenti di quelli previsti (27 miliardi entro il 2016) e il taglio della cedola. Una crescita che avverrà  tutta per linee interne, sia per le difficoltà  del momento, sia perché nei mercati a più alta redditività  come Cina e India è difficile entrare. La situazione di mercato è tale che Enel può disinteressarsi sia dell’effetto Ninby sia delle lentezze burocratiche che assediano i due grandi progetti infrastrutturali in corso. Il progetto del rigassificatore di Porte Empedocle andrà  avanti, ma «senza fretta», mentre per la centrale a carbone di Porto Tolle per ora non se ne fa nulla.
S&P’s ha confermato in serata il taglio del rating dell’Enel, sceso da A- a BBB+ adeguandolo al rating dell’Italia (mentre ha confermato il voto per Terna). Questo, comunque, dovrebbe avere un impatto per non più di 15-20 punti base sul costo del debito.


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