Falkland, Petrolio e ottimismo la risposta delle isole alle ombre del passato

by Editore | 28 Marzo 2012 6:29

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Port Stanley, Isole Falkland. Il tempo è deprimente, come sempre, ma la città  sprizza ottimismo. Nuovi quartieri residenziali si affiancano alla zona industriale creata per le esigenze delle compagnie petrolifere. Ma l’ombra del passato incombe. Nel 1914 le corazzate tedesche tentarono senza successo di attaccare Port Stanley. Nel 1982 gli anfibi argentini invasero le strade della città . Negli ultimi mesi la secolare disputa tra Gran Bretagna e Argentina circa la sovranità  sulle Falkland ha toccato l’apice dagli anni ‘80. L’Argentina ha imposto un blocco economico e sulle isole si vive un clima di assedio. Le arance, importate dal Sud America come quasi tutta la frutta e verdura, costano 1,60 euro l’una. Corre voce che verrà  cancellato l’unico volo settimanale fra le isole e il mondo esterno, attraverso lo spazio aereo argentino. Gli abitanti reagiscono con inventiva e orgoglio. Nel centro storico di Stanley, fondata dai coloni britannici nel 1840, in tutti i giardini si coltivano verdure, e spuntano ovunque bandiere britanniche e locali. 
Stanley fu fondata dopo quasi un secolo di tentativi britannici, francesi, spagnoli e argentini di creare insediamenti altrove nelle isole, falliti per la sterilità  del suolo, il clima, e tutta una serie di rivendicazioni circa la sovranità  e iniziative militari. Stanley serviva soprattutto come ricovero e base di rifornimento per le navi che doppiavano il Capo Horn. Negli anni ‘70 dell’Ottocento venne introdotta la pastorizia. Le pianure desolate e i brulli rilievi ricordano Texas: un immensa landa di erba ingiallita e rocce. A volte passano ore prima di incrociare un’auto. Non ci sono centri urbani, solo fattorie e borghi – “settlements” nell’inglese d’altri tempi usato dagli isolani. Nel tempo si sono imposti il senso della collettività , l’etica del lavorar sodo e l’abitudine alle grandi bevute. «Era un po’ come nel Far West», dice uno scozzese emigrato. 
Alcuni retaggi di quella cultura sopravvivono: ad esempio la Settimana dello Sport con eventi ippici e sociali per celebrare la fine della tosatura delle pecore. Nel 1982, gli argentini chiusero la popolazione locale nel municipio cittadino e affrontarono i britannici nella più aspra battaglia di terra del conflitto. Ma ora la guerra sembra lontana. Uomini corpulenti, in tutta da lavoro, abbronzatissimi in viso, lattine di Budweiser in mano, decantano i pregi delle isole. «Niente disastri naturali, niente insetti, niente parassiti delle pecore», dice Steven Dickson, un giovane agricoltore. «Ho la carne gratis, non esiste disoccupazione. Ho sentito che in Gran Bretagna ci sono tre milioni di disoccupati». Alla domanda se a suo giudizio sia possibile una nuova guerra delle Falkland, taglia corto: «L’Argentina non riuscirebbe a invaderci». Glielo impedirebbe la guarnigione britannica, 1300 uomini, quasi venti volte la forza sopraffatta dagli argentini nell’82. 
Per gran parte del ventesimo secolo le Falklands non sono state così prospere e sicure. L’apertura del canale di Panama nel 1914 rischiò di esautorare la rotta di Capo Horn. Le oscillazioni del prezzo della lana rendevano vulnerabile l’economia. La popolazione, dal picco di 2400 anime nel 1931 scese a soli 1800 abitanti nel 1980. A partire dalla metà  degli Anni ‘60 i governi britannici pensarono che l’unico modo per arrestare il declino dell’arcipelago fosse stringere i rapporti con l’Argentina, a un’ora d’aereo dalle isole. L’Argentina vide il rafforzamento dei rapporti economici con le Falkland come un passo verso l’accettazione del dominio di Buenos Aires. Negli Anni ‘70 l’Argentina costruì il primo aeroporto di Stanley. Molti isolani guardavano con sospetto a queste iniziative di cooperazione, ma presero lo stesso a volare in Argentina per frequentare le scuole superiori e ricevere cure ospedaliere. 
In un’epoca in cui la Gran Bretagna era costretta a ridimensionarsi come potenza militare e imperiale, mantenere la sovranità  sulle Falkland contro il volere argentino sembrava poco realistico. Nel 1980 Whitehall propose di trasferire la sovranità  all’Argentina, ponendo come condizione un periodo di amministrazione britannica, sul modello di Hong Kong. Meno di 18 mesi dopo l’Argentina invase le Falkland. Il governo di Margaret Thatcher non ha lasciato un buon ricordo sulle isole. «L’invasione fu il risultato di una situazione malgestita», dice Mike Summers, uno degli otto politici isolani eletti. 
Nella guerra dell’82 caddero 255 militari britannici. I soldati di stanza a Stanley sono pochi. La guarnigione è a un’ora dalla città , nella base aerea di Mount Pleasant. Comprende quattro caccia Eurofighter, una compagnia di fanteria, e una fregata. «È il contingente minimo per una deterrenza credibile», dice un portavoce del Ministero della difesa. Eppure le Falkland e l’Argentina hanno in comune la posizione geografica e, soprattutto dopo il 1982, la storia. Anche se i governi si scontrano verbalmente, gli argentini continuano a visitare le isole. La loro presenza nell’arcipelago è un presagio, inquietante o rassicurante, sul futuro delle isole. 
*(© The Guardian – la Repubblica
traduzione di Emilia Benghi)

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