Finanza globale: la Borsa e la vita in un nano secondo

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Ovviamente nessuna persona è in grado di compiere operazioni nell’arco di un così breve tempo: allora intervengono computer superveloci capaci di incunearsi in impercettibili frazioni di secondo vedendo prima degli altri i flussi di acquisto o vendita. Lo ha denunciato in Senato l’onorevole dell’Italia dei valori Elio Lannutti in un documento corposo datato 31 gennaio 2011 da cui riportiamo alcune considerazioni.

Mario Bottazzi, già  membro dell’ufficio statistica della vecchia Borsa italiana, così descrive questa figura di iperspeculatore. “L’HFT è un operatore ipertecnologico, capace di sfruttare per sé il ritardo tecnico degli ordini immessi nel listino”. Ritardo che si misura nell’ordine dei decimi di secondo. “Il principio – continua Bottazzi – è che in questo nano secondo l’HFT deve riuscire ad ispezionare il book un istante prima rispetto agli altri e prendere le decisioni conseguenti”. Ma come fa i soldi l’HFT? “La tecnica più frequente è quella del market making. L’operatore si pone come venditore o come compratore per una quantità  minima, in modo da assicurarsi l’esistenza di una controparte. Una volta che la proposta di acquisto o vendita va a buon fine (e ci sono mercati privati che remunerano le proposte per stimolare la liquidità ) l’operazione viene ripetuta enne volte. E, naturalmente, sarà  incrociata in vendita o in acquisto per un numero rilevante di volte di modo che il guadagno unitario minimo verrà  moltiplicato fino ad avere una certa dimensione”.

“Gli operatori HFT sono simili a grandi predatori, invisibili tra le erbe alte della tecnologia millisecondo – continua Bottazzi – ma non amano solo le grandi prede, semmai le piccole che messe assieme fanno volume: più formichieri che leopardi”. Ma formichieri dai mezzi illimitati: è in cantiere la posa di un cavo di fibre ottiche sulle due rive dell’Atlantico dedicato esclusivamente a questa attività ”.

Sembrano ragionamenti da specialisti che non riguardano le dinamiche economiche, mase pensiamo che il mercato dei derivati (prodotti finanziari altamente speculativi) tocca la cifra iperbolica dei 700-800 mila miliardi di dollari a fronte dei circa 60 mila miliardi del PIL globale, allora capiamo che chi gestisce la finanza gestisce la ricchezza mondiale.

Anche la crisi del debito sovrano in Europa, secondo l’opinione di vari economisti citati da Lannutti, è generata da meccanismi spesso opachi o incontrollabili. La speculazione non investe infatti principalmente sui titoli di Stato, accanendosi contro quelli più in crisi, bensì sui “credit default swap”, una specie di polizze assicurative che giocano sul rischio di fallimento di un paese. Si tratta di scommesse che hanno poco a che fare con l’economia reale.

Sono considerazioni già  sentite e denunciate da chi si batte da anni per un nuovo modello economico che argini lo strapotere finanziario, ormai folle e ipertrofico. La novità  è che anche i templi del capitalismo subiscono le conseguenze di questa impostazione e figure sempre più autorevoli si chiedono se la deregulation degli anni ‘80 funzioni ancora.

Riporta il sito di altreconomia.it: “Lo scorso lunedì [13 febbraio, ndr], si è manifestato un evento quanto mai anomalo. Intorno alle 14 ora di New York, il CME Globex Crude Market si è dovuto fermare per ben 75 minuti – un’enormità  di tempo per gli speculatori finanziari computerizzati-. Una richiesta simultanea di quotazioni dei futures sul greggio aveva creato una fila elettronica di richieste su cui i computer che gestiscono l’indice ed il mercato hanno commesso un grave errore. Hanno pensato che la fila di richieste fosse infinita, generando un “loop” di calcolo che in 5 minuti ha portato ad un aumento costante e ingiustificato della quotazione dei future sul petrolio. In questo caso è servita più di un’ora per riavviare il sistema (complesso), mentre sui mercati del greggio si diffondeva il panico.

Chi lo sa chi ci ha guadagnato e chi ci hanno perso in quel frangente “particolare”. Solo i trader più esperti e scaltri lo sapranno. Questo episodio dimostra che oramai il livello di follia speculativa sui mercati finanziari -da cui dipendono le nostre economie e vite- è fuori controllo. E se andasse in loop la quotazione dei famigerati derivati Credit Default Swap che scommettono sul fallimento dell’Italia? Tanto si parla di regolare i mercati finanziari, ma nessun governo ancora pensa di sequestrare questi computer di speculazione a Londra, New York e sulle altre piazze più importanti del Pianeta”.

Spaventata da questo evento la presidente dell’Authority americana che vigila sulle Borse (la Sec), Mary Schapiro, promette di arginare il fenomeno. Uno degli obiettivi è quello di istituire un meccanismo di verifica stabile in grado di tracciare tutte le transazioni. Un’altra soluzione potrebbe essere rappresentata dall’imposizione di unacommissione da pagare per le transazioni che vengono cancellate prima di essere portate a termine: sono circa nove su dieci. Oppure, a determinati trader ad alta velocità  potrebbe essere richiesto di fornire, per la maggior parte della giornata borsistica, quotazioni vicine ai migliori prezzi presenti su scala nazionale. Dal mondo della finanza già  si ribatte paventando l’impatto sulla liquidità  e la possibilità  che alcuni trader abbandonino le piazze statunitensi per dirigersi altrove.

Ancora una volta è il presidente francese Sarkozy a muoversi per primo: dopo l’annuncio dell’introduzione della Tobin tax ora si parla di un’imposta sull’high frequency trading. Riporta il sito di MilanoFinanza: “La novità  è che verranno tassati gli ordini annullati e modificati nello spazio di un secondo. Le proposte di negoziazione per essere considerate ad alta frequenza devono poi partire da istruzioni informatiche. I trading system di analisi tecnica sono esclusi. L’aliquota sarà  dello 0,01% e verrà  applicata sul controvalore dell’operazione. Il testo di legge introduce anche una tassa dello 0,1% sulle transazioni finanziarie applicate a tutti i titoli francesi con capitalizzazione di borsa superiore a 1 miliardo di euro ovunque negoziati. L’imposta verrà  quindi pagata anche dai trader italiani”.

Qualcosa dunque si sta muovendo, anche se questi provvedimenti sembrano tardivi e poco coraggiosi. Comunque vanno nella giusta direzione.


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