Gli F35 atterrano in Parlamento

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Innanzitutto è stato bocciato il documento presentato dall’Italia dei valori che prevedeva il blocco definitivo del programma dell’acquisto degli aerei, mentre una sorte migliore ha avuto la mozione presentata da Rugghia del Partito democratico che si limita a chiedere al governo di “valutare l’opportunità  di ulteriori riduzioni della partecipazione italiana al programma” Joint Strike Fighter. Queste riduzioni ulteriori potrebbero però ricalcare il programma di contenimento annunciato dal Ministero della difesa.

Le mozioni approvate oltre a prevedere una razionalizzazione degli organici della Difesa (prevedendo che eventuali esuberi possano essere trasferiti ad altre amministrazioni) raccomandano la ‘‘partecipazione nazionale a tutti i più importanti programmi multinazionali di progettazione, sviluppo e produzione di mezzi strumentali, suscettibili di avere ripercussioni occupazionali e sviluppi scientifici e tecnologici nel nostro Paese, oltre che nell’operatività  dello strumento militare italiano’’.

L’attesa maggiore era per la risoluzione firmata Pezzotta-Sarubbi (Udc-Pd) e altri, che chiedeva all’esecutivo di “subordinare qualunque decisione relativa all’assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d’arma, al processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano”, di “assicurare la piena disponibilità  ad approfondire il quadro delle scelte sommariamente enunciate dal Ministro della difesa” che possono essere formalizzate soltanto con decisioni assunte in Parlamento e non delegate a sedi di carattere tecnico-amministrativo”. La mozione è stata approvata con il parere positivo del governo.

Plaudono le associazioni che si battono contro questa operazione finanziaria/militare. “Per chi come noi lavora da anni per chiedere l’uscita dell’Italia dal programma – ha commentato Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – è già  un primo successo vedere finalmente ritornare nell’ambito del Parlamento la discussione su un tema delicato come quello degli acquisti di costosissimi sistemi d’arma”. Va ricordato infatti che, nonostante il parere rilasciato dalle competenti Commissioni nel 2009 richiedesse un aggiornamento annuale soprattutto su costi e ritorni industriali, per tre anni il Governo non ha mai relazionato sull’andamento della partecipazione italiana all’F35 alzando sempre una cortina fumogena (si pensi ad esempio alle “penali inesistenti”) verso qualsiasi richiesta di trasparenza, in particolar modo della campagna “Taglia le ali alle armi”.

Rispetto al merito delle votazioni avvenute, la Rete Disarmo esprime parere positivo verso lo spiraglio creato da alcuni voti favorevoli. In particolare riguardo alle mozioni che si esprimono almeno nell’ottica di una riconsiderazione del programma subordinata soprattutto alle scelte di ristrutturazione della Difesa. Proprio quello a cui faceva riferimento la richiesta ai Deputati della nostra campagna, che si rammarica però di non aver visto il Governo disponibile a fermare il programma.

“La nostra Rete continua comunque ad essere contraria e molto critica sul progetto dei caccia F-35, sia per i problemi tecnici (recentemente un velivolo ha preso fuoco in volo e i test sono compiuti solo al 20%) che soprattutto per gli enormi costi di acquisto e mantenimento – sottolinea Massimo Paolicelli, presidente di Associazione Obiettori Nonviolenti e analista della Rete – In un momento così drammatico per le famiglie italiane e per i conti pubblici che senso ha spendere miliardi (il costo di un singolo aereo è di oltre 130 milioni di euro) per dei caccia d’attacco?”. Secondo i calcoli da sempre diffusi dalla campagna “Taglia le ali alle armi” i soldi ipotizzati per l’acquisto dei caccia potrebbero essere molto più utilmente impiegati per interventi sociali, di welfare, sanitari e di ricostruzione di zone colpite da calamità  naturali.

Così Flavio Lotti della Tavola della Pace: “Un primo risultato è stato raggiunto. La questione degli F-35 è entrata definitivamente nell’agenda della politica. Chiunque sosterrà  i piani di acquisto di questi cacciabombardieri perderà  il sostegno di larga parte dell’opinione pubblica. Il Parlamento ne ha dovuto discutere come non aveva mai fatto prima. E dovrà  continuare a farlo in modo sempre più aperto e trasparente. Chi pensava di continuare a giocare sottobanco è stato sconfitto.

Se non fosse stato per il senso di responsabilità  e la tenacia di tanti cittadini e organizzazioni della società  civile questo dibattito non ci sarebbe stato. Un primo risultato è stato dunque raggiunto. Lo sforzo non è stato inutile. In altri paesi non sarebbe stato necessario ma questa è la situazione dell’Italia. Oggi la Camera dei deputati ha discusso di spese militari, di armi, forze armate e modello di difesa. Lo ha fatto lesinando le parole di pace con espressioni di segno molto contraddittorio e in larga parte preoccupanti”. [PGC]


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