Hana Shalabi in sciopero della fame

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Anche lei, come Khader Adnan, il prigioniero che tra dicembre e febbraio aveva digiunato per 66 giorni, protesta contro la «detenzione amministrativa», sanzionata dai giudici militari israeliani sulla base soltanto di indizi. Nei giorni scorsi i centri Addameer, Medici israeliani per i diritti umani (Phr) e Al Haq, hanno espresso la loro «grave preoccupazione» per la salute della detenuta, dopo che le autorità  giudiziarie si erano rifiutare di trasferire Shalabi in ospedale. 
Il rapporto presentato da Phr è molto preoccupante. Lunedì scorso un medico per i diritti umani aveva visitato la donna, constatando la perdita di peso di 14 kg, un battito cardiaco molto debole e un forte calo di sodio nel sangue, concludendo che la donna è in pericolo di morte. Shalabi qualche sera fa si è sentita male ma dopo un breve ricovero in ospedale è stata riportata in cella. Al suo medico Shalabi, 30 anni, di Burqin (Jenin), ha riferito di aver subito maltrattamenti e intimidazioni delle autorità  carcerarie, al punto da minacciare l’interruzione delle visite familiari fino al 13 aprile. Nel frattempo i giudici continuano a rinviare l’udienza sul ricorso presentato dal suo avvocato.
Per la giovane prigioniera non si tratta della prima esperienza come detenuta amministrativa: in passato ha trascorso due anni e mezzo in carcere senza accusa né processo. Dal marzo 2009 la sua sentenza è stata confermata per sei volte ed era stata liberata solo lo scorso ottobre, nello scambio di prigionieri tra Hamas e Israele. Sono almeno 23 i prigionieri politici palestinesi attualmente in sciopero della fame, tra i quali il deputato 72enne, Ahmad Al Hajj Ali. Dall’inizio di marzo, molti detenuti «amministrativi» hanno rifiutato di presentarsi presso le corti militari e di partecipare alle discussioni legali sui loro casi


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