Il salva-Stati si ferma a 500 miliardi Vince
Sul fondo salva-Stati stravince la linea tedesca: solo 500 miliardi a disposizione per i futuri interventi in difesa dei Paesi attaccati della speculazione o per la ristrutturazione del sistema bancario. È questo il risultato della riunione informale dell’Eurogruppo a Copenaghen, a cui partecipa anche il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Intervistato in una pausa dei lavori fa capire che, per il paese, gli esami non sono finiti. Rischio Italia? «I mercati ci guardano e non solo loro. Dobbiamo proseguire nel consolidamento di bilancio e nelle riforme strutturali. Dobbiamo dimostrare che continuano a esserci impegno e capacità di raggiungere risultati concreti».
E che gli stati debbano in definitiva difendersi da soli mettendo i conti in ordine è il messaggio che la Germania ha fatto passare ieri, riducendo al minimo il preteso rafforzamento del Fondo salva-Stati. Un messaggio in primo luogo alla Spagna, che deve risanare i conti e la cui situazione, spiega il commissario Rehn, «è molto difficile». I capitali a disposizione per nuovi interventi non saranno superiori a 500 miliardi di euro. A questa cifra vanno a aggiunti i 200 miliardi di euro già impegnati dall’Efsf. Per cercare di gonfiare il soufflé, i ministri iscrivono nella contabilità del “firewall” anche il centinaio di miliardi prestato in forma bilaterale dai governi alla Grecia nel 2010. Questo consente al comunicato finale di affermare che il pacchetto globale arriva a 800 miliardi di euro, prossimo al miliardo di dollari che era stato chiesto dal Fondo monetario internazionale e dagli Stati Uniti.
Rispetto alla bozza preparata alla vigilia, non ci sarà più la possibilità di mobilitare, in caso di necessità , i 240 miliardi inutilizzati dal vecchio fondo Efsf, il che avrebbe portato il “firewall” ad un potenziale di 940 miliardi. Basterà questo intervento minimalista a rassicurare i mercati? Grilli si è dimostrato relativamente ottimista: «Siamo soddisfatti del risultato raggiunto. Questo non è uno strumento di brevissimo periodo. Questo è uno strumento a regime per costruire l’architettura dell’euro nei prossimi 20-30 anni. Noi speriamo che l’emergenza, da qui a quando entrerà in vigore questo strumento nel 2013, sarà passata».
I ministri hanno anche confermato la decisione di versare 150 miliardi al Fmi nel quadro di un rafforzamento del Fondo monetario internazionale, che potrà così contribuire in modo più sostanziale ad eventuali aiuti decisi dal fondo salva-Stati europeo. A Copenaghen, Grilli invita a non abbandonare la strada del rigore, a proseguire lungo la strada delle riforme, che poi significa «pensare alla crescita». Il monito vale per l’Italia come per gli altri paesi deboli di Eurolandia, a cominciare dalla Spagna: «Tutti dobbiamo continuare a fare ciò che stiamo facendo per consolidare le finanze pubbliche», insiste.
Guai a fermarsi. Perché è proprio quando avvertono esitazioni nelle scelte, o tensioni politiche che i mercati impazzano e lo spread rialza la testa. Maria Cannata, responsabile del debito pubblico italiano, ritiene per esempio che sull’ultimo, pericoloso strappo di questo differenziale, volato l’altro ieri fino a quota 346, possa aver inciso «un po’ di contagio» dalla Spagna, alle prese con una dura manovra di austerità e paralizzata da una serie di scioperi. O anche la chiusura dei bilanci trimestrali italiani.
Ora si augura che la decisione dei big europei sul fondo salva-Stati «possa aiutare». Cannata «spera» che a fine anno questo temuto differenziale, considerato ormai un termometro della fiducia, possa ridiscendere fino a 180 punti. «Se noi guardiamo a com’era la situazione a giugno, non vedo motivi per cui non si debba tornare a quel livello». Ieri lo spread ha chiuso a quota 332. Le Borse si sono riprese e Milano ha guadagnato lo 0,45%.
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