Il Tavolo chiede a Monti di dare più protezione

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Sono 28 mila le persone partite l’anno scorso dal paese nordafricano, molti di loro fuggiti dalle bombe della Nato, altri caricati sui barconi dai militari di Gheddafi che usavano anche questa «arma» contro l’Europa. In ogni caso storie drammatiche, di persone che prima hanno rischiato la vita in mezzo al mare, poi arrivate in Italia sono state vittime di un’accoglienza preparata all’ultimo minuto e giocata in modo molto strumentale dal passato governo, e adesso non è finita: perché quando arrivano di fronte alla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato alla maggior parte di loro non viene riconosciuto l’asilo. Dunque fioccano dinieghi e espulsioni. Una macchina ormai così prevedibile che sono tantissimi i ragazzi che abbandonano le strutture di accoglienza prima ancora di sapere il risultato dell’istruttoria. Il motivo è semplice: la Convenzione per il riconoscimento dello status di rifugiato prevede la dimostrazione di una persecuzione personale. Oltretutto la quasi totalità  di queste persone non sono di nazionalità  libica, ma provengono dai paesi subsahariani e in Libia risiedevano. Alcuni non avevano alcuna intenzione di venire in Italia. Ma la maggior parte non appartiene a una nazionalità  a cui viene riconosciuta «di default» la protezione umanitaria, concessa quando non c’è un pericolo «personale» ma comunque in caso di espulsione quella persona rischierebbe la vita perché – ad esempio – nel suo paese è in corso una guerra civile. Eppure, nel caso dei 28 mila “libici”, non avrebbe senso rimandarli nel loro paese di origine, abbandonato chissà  quanti anni prima. Dal quale sono fuggiti in seguito a una guerra. Insomma, sono profughi a tutti gli effetti, solo che leggi e Convenzioni non li “vedono”: non esistono lenti adeguate, o almeno le Commissioni per il riconoscimento dello status di rifugiato non intendono indossarle, lavandosene le mani.
Il problema però è reale. E questo atteggiamento non fa che alimentare una clandestinità  che poi sarà  difficilissimo sanare. Come se non bastasse sembra proprio di vedere buttare dalla finestra i migliaia di euro spesi per approntare i percorsi di accoglienza di queste persone. A che sono serviti se poi bisogna farli diventare clandestini? Se lo sono chiesti, prima di tutto, gli enti locali – comuni e province – che in questi mesi hanno dato vita a progetti di accoglienza diffusa che spesso hanno dato anche buoni risultati. Si sono coordinati, hanno scritto appelli. Ma non sono stati ascoltati. Qualche settimana fa anche la Croce Rossa ha sollevato il problema in un’audizione al parlamento. Nessun risultato. Ora scende in campo ufficialmente la “corazzata” del Tavolo nazionale asilo, che racchiude tutte le principali realtà  che in Italia si occupano di profughi e rifugiati e che è coordinato dall’Agenzia nazionale delle nazioni unite. Il governo Monti ascolterà  almeno l’Onu?


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