Industria, ecco il Sud vitale che punta ad Esportare

by Editore | 12 Marzo 2012 8:59

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Ha senso nell’anno di grazia 2012 riprendere a interrogarsi sull’effettiva consistenza della presenza industriale nel Sud? Secondo il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca la risposta è «sì» e per questo ha messo al lavoro una task force di economisti e di rappresentanti delle banche, dei sindacati e delle università . Nessuno si nasconde le difficoltà  a cominciare dalla necessità  di separare bene, già  in fase di analisi, le diverse tipologie: la grande impresa legata alla raffinazione del petrolio, alla siderurgia e alla produzione di autoveicoli; la piccola impresa simil-distrettuale che ha saputo specializzarsi in una logica di territorio e, infine, l’impresa che ancora oggi pensa a sussidi, zone franche o privilegi di qualsiasi tipo. E ancora: chi è già  posizionato sull’export e quindi è in grado di sopperire alla stasi del mercato interno e chi, con un adeguato supporto, sarebbe capace comunque di prendere la strada delle vendite all’estero. Oggi il grosso dell’export è fatto dalla grande impresa della raffinazione del petrolio e delle materie plastiche (Siracusa e Cagliari), dell’aerospazio (Napoli), degli autoveicoli (Atessa, Melfi, Pomigliano) e della siderurgia (Taranto) ma non mancano anche sistemi locali di dimensioni più contenute che comunque sanno farsi valere oltrefrontiera. Il caso già  molte volte citato è quello dell’industria conserviera di Nocera Inferiore ma, secondo Barca, non è l’unico. Di realtà  o comunque fermenti altrettanto interessanti ce ne sono molti altri. Un quadro definitivo ci sarà  a fine maggio ma i primi dati sono già  disponibili. 
In Sardegna, ad esempio, si segnala nell’ambito della produzione bio-agricola l’area di Porto Torres, che ha realizzato un buon equilibrio con la grande industria del territorio e con il settore turistico. La zona interna dell’alta Gallura rappresenta invece il maggiore centro italiano per l’estrazione e la lavorazione del sughero e negli ultimi anni ha saputo sviluppare – come fanno i distretti del Nord – un comparto metalmeccanico che produce macchinari per il sughero tecnologicamente all’avanguardia. Per restare in Sardegna, secondo le prime (ottimistiche) valutazioni della task force di Barca, ci sono possibilità  di riconversione verso la chimica verde per le aree di crisi industriale legata al destino dei grandi impianti di industria pesante.
Per quanto riguarda la Sicilia si parla di una struttura industriale-manifatturiera fragile con l’eccezione del settore agro-alimentare. Nonostante soffra di scarsa capacità  manageriale e commerciale una particolate attenzione va concessa alla zona agricola tra Siracusa e Ragusa, soprattutto per gli ortaggi e gli agrumi pregiati (arancia tardiva). Le produzioni vitivinicole, diffuse un po’ in tutta la regione, sono concentrate soprattutto nel Nord Ovest, nell’area che dal Trapanese arriva fino a Menfi e avrebbero grandi potenzialità  di integrazione con il turismo. L’industria siciliana del vino è giudicata «fortemente duale» con imprese piccole e medie che imbottigliano e vendono con un certo successo e cooperative ancora per lo più orientate alla produzione dello «sfuso» senza capacità  di commercializzare.
Sempre restando in Sicilia una segnalazione la merita l’area di Catania, che comprende sia le imprese industriali legate alla produzioni di componenti e di apparecchiature elettroniche sia le imprese di un terziario avanzato meridionale dell’informatica, della ricerca e sviluppo e della comunicazione. Tra Siracusa e Agusta il monitoraggio di Barca segnala la presenza di piccole e media imprese che operano nell’impiantistica meccanica e che vantano una buona cultura industriale che le vede in grado di realizzare oleodotti, reti idriche, diagnostica di sicurezza e software. La parte occidentale della regione (Trapani, Marsala, Mazara del Vallo) è rilevante per la commercializzazione del pescato, allevamento ittico e le attività  connesse come cantieristica navale e costruzione del naviglio da pesca. In provincia di Palermo c’è la maggiore focalizzazione delle attività  di meccatronica e attorno si è sviluppato una presenza di piccole imprese specializzate nella componentistica per il settore automotive nella componentistica elettronica.
In Campania nell’area industriale tra Caserta e Napoli prevalgono due tipologie produttive, abbigliamento e calzaturiero. Le aziende sono di diverse dimensioni, incorporano tutte le fasi della produzione o solo alcune di esse. La produzione agro-alimentare campana si estende in un’area compresa tra il cono vulcanico del Vesuvio e le montagne di Sarno a Nord e i Monti Lattari a Sud. Il ventaglio dei prodotti è ampio e va dalla trasformazione del pomodoro alle conserve, dalla pasta di Gragnano al vino e all’olio. Questi territori sono molto esposti all’azione della criminalità  organizzata e hanno l’handicap dei costi dello smaltimento dei rifiuti e delle risorse idriche. Sempre nel campo del food gli uomini del ministero segnalano anche la produzione vinicola dell’area Atripalda-Taurasi tra l’Avellinese e il Beneventano.
In Campania sono localizzate anche alcune realtà  di eccellenza della produzione di materiale ferroviario e nell’area di Nola, oltre all’interporto, si concentra l’investimento di Ntv. Degno di menzione è poi il distretto conciario di Solofra, a metà  strada tra Salerno e Avellino. Sono oltre 500 le aziende spesso molto piccole che lavorano la pelle e il resto completano la filiera nel confezionamento, nei prodotti chimici e nei servizi. 
In Puglia le aree più vitali sono giudicate quelle della meccatronica (Bari), agro-alimentare (Foggia), nanotecnologie e Ict (Brindisi e Lecce). Si è anche radicata la presenza di aziende del settore aeronautico e nel Salento le piccole e piccolissime imprese che lavorano le calzature spesso coincidono con nuclei familiari. Il tessile, invece, entrato in difficoltà  per la crisi delle imprese più grandi attorno alla fine degli anni 90 è ancora da considerarsi in fase di (difficile) ristrutturazione.
In attesa di avere riscontri dalla Calabria l’ultima regione monitorata dalla task force di Barca è l’Abruzzo. Nella zona di Chieti si sono concentrate piccole imprese specializzate nella lavorazione delle pelli e nell’abbigliamento e fenomeni vitali sono anche segnalati a Sulmona e Avezzano, caratterizzati da una buona performance di bilancio e da una valida integrazione con il territorio ma anche dalla mancanza di strategie per l’export. Ed è questo forse il vero giro di boa che attende i mini-distretti meridionali: o sapranno in tempi veloci mettersi in condizione di esportare oppure il loro tasso di vitalità  rischia di restare inespresso.

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