Le condizioni dei maoisti

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Un ultimatum è passato, o forse spostato: a questa sera, dicono i rapitori di Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, gli italiani sequestrati sabato sera in un remoto distretto nell’interno dell’Orissa, stato dell’India affacciato sul Golfo del Bengala. E tutto sembra indicare che un lavoro di contatti sia in corso dietro le quinte, per assicurare il rilascio dei due. Anche perché i ribelli hanno annunciato un cessate il fuoco unilaterale in Orissa e designato tre mediatori: Narayan Sanyal, leader maoista in carcere nello Stato di Jharkhand, Biswapriya Kanungo, avvocato e attivista per i diritti umani, e Dandapani Mohanty, attivista di un’organizzazione sociale che aveva già  attuato come mediatore quando i maoisti rapirono un prefetto, l’anno scorso in un distretto non lontano da quello dove oggi sono ostaggio i due italiani.
Paolo Bosusco e Claudio Colangelo sono stati rapiti mentre visitavano una zona remota del distretto di Kandhamal. È la prima volta che degli stranieri vengono presi di mira, ma non è nuova invece la presenza in zona della ribellione maoista. E ieri il gruppo responsabile del rapimento ha fatto pervenire al governo dell’Orissa le sue richieste, mentre nel distretto di Khandamal hanno preso la parola anche le voci della società  civile organizzata, con marce e sit-in a cui, riferisce l’agenzia di stampa indiana Pti, hanno partecipato persone di ogni estrazione e fede, con l’intento comune di spingere la guerriglia a ridare la libertà  senza usare violenza al tour operator piemontese ed al medico laziale. Tra i partecipanti c’era anche un magistrato del distretto, Rabindra Misha, responsabile di associazioni religiose ed educative, e le associazioni dei giornalisti e degli avvocati di Kandhamal.
Le richieste avanzate dai rapitori dicono qualcosa sul conflitto in corso in quella zona montagnosa. Primo, «le tribù non sono merce per i turisti e le aree tribali non sono fatte per il turismo», dicono, e chiedono che il governo statale punisca chi viola certe regole. È un riferimento alle foto che i due italiani stavano scattando? Certo è una cosa nuova in queste regioni dell’India: alcune agenzie turistiche organizzano tour in cerca di esotico, «safari umani», e la cosa irrita sia le popolazioni native che le autorità  (dal 25 febbraio scorso infatti era vietato addentrarsi in zone indigene senza un permesso esplicito della polizia). 
Seguono richieste più generali: fermare l’offensiva chiamata Green Hunt, «caccia verde» (lanciata nel settembre 2009 è di fatto fallita, mentre continuano operazioni su scala locale); smantellare i posti di polizia e creare un clima favorevole al dialogo; revocare l’interdizione al Partito comunista maoista. E poi richieste molto precise, che alludono alla repressione violenta in quei distretti verso i maoisti e chiunque sia sospettato di simpatizzare: «Arrestare e processare i funzionari di polizia per aver violentato e ucciso Lalit Dehuri, Junesh Badarlat, Pradip Majhi. Rilasciare senza condizioni Arati Majhi. Rilasciare Ashutosh, Kamalakanta Sethi, Sujata, Kishore Jena, Pratap e Majulata arrestati nel caso Nayagarh. Non ri-arrestare persone già  rilasciate in seguito a sentenze dei tribunali. A questo proposito liberare Subhashri Das e Lalit, che sono stati arrestati dopo che il loro rilascio era stato stabilito da un tribunale». E ancora, rilasciare – seguono lunghe liste di nomi. Non solo: «Non togliere lo statuto speciale» a una serie di tribu, e garantirlo a quelle che ne sono state private. E poi «fornire acqua potabile a tutti i villaggi dell’Orissa, irrigazione a tutte le terre, strutture mediche e ospedaliere gratuite. Fornire istruzione gratis a tutti gli studenti fino alle superiori». Ancora, liberare i leader di lotte contro le requisizioni di terre, aprire un’inchiesta indipendente sulle detenzioni illegali.
I maoisti chiedono infine: «Soddisfare tutte le richieste già  concordate per il rilascio del prefetto (collector) di Malkangir nel febbraio dell’anno scorso». Malkangir è un distretto adiacente a Kandhamal, e quel rapimento l’anno scorso aveva segnato un braccio di ferro tra i maoisti e il governo, che aveva infine accettato di scarcerare alcune centinaia di abitanti dei villaggi arrestati come fiancheggiatori dei ribelli.


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