Liberalizzazioni, il governo incassa la fiducia

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ROMA – Il governo incassa la fiducia sulle liberalizzazioni, la dodicesima dal suo insediamento. La strada per il decreto ora è spianata, anche se il premier Monti deve prendere atto che nel voto di ieri il suo esecutivo ha registrato il secondo peggior risultato alla Camera. Il testo passa con 449 voti. Una maggioranza pur sempre ampia (la linea di galleggiamento è 316) ma migliore solo di quella incassata ai primi di febbraio sullo “svuotacarceri” (420) e anni luce dai 556 voti ottenuti il 18 novembre, giorno dell’insediamento. Pesano le polemiche sulla riforma del lavoro, il peso delle lobby su molti parlamentari e il malcontento per l’ennesima fiducia.
Mentre Parlamento e partiti sono nel caos per la riforma del lavoro, non mancano le polemiche nemmeno sulle liberalizzazioni che comunque oggi dovrebbero ottenere il via libera finale. Resta aperto il nodo sulle coperture: cinque articoli, inseriti al Senato, non sono finanziati e ieri il governo non ha dato spiegazioni in aula (potrebbe farlo oggi) nonostante martedì fosse intervenuto anche il Capo dello Stato per chiedere chiarezza. Risulta che Monti e il viceministro Grilli siano al lavoro per tappare il buco e permettere, entro il fine settimana, al presidente della Repubblica di firmare il testo.
Intanto si analizzano numeri e defezioni a Montecitorio. Quelle più numerose sono del Pdl, con sei “no” e 23 astenuti guidati dal plotone dei malpancisti di Antonio Martino e Guido Crosetto. Mentre in aula c’erano Monti e la Fornero, al momento del voto erano assenti Berlusconi e Tremonti e altri 17 pidiellini. Sono invece 5 i democratici assenti ingiustificati. Ovvio il “no” di Italia dei Valori e Lega, all’opposizione del governo Monti. Mentre gli uomini di Di Pietro scrivono a Napolitano chiedendogli di vigilare sulla mancata copertura del decreto, i leghisti ottengono udienza al Colle per il 29 marzo lamentando il via libera alla fiducia nonostante il buco di bilancio. Da registrare il rimbrotto di Fini a Cicchitto: mentre il capogruppo pdl sta parlando con Monti seduto ai banchi del governo, il presidente della Camera lo invita a «consentire al premier di ascoltare gli interventi» dei deputati. E Cicchitto torna al suo posto.
Si lavora anche sulle commissioni bancarie annullate dal decreto. Dopo averlo votato al Senato, i gruppi della maggioranza (Pdl, Pd, Terzo Polo) ci ripensano e scrivono un ordine del giorno (sarà  votato oggi) nel quale chiedono al governo di cambiare la norma con un decreto (sopprimerla ora significherebbe rimandare il testo a Palazzo Madama e non approvarlo prima della sua scadenza). Apprezza l’Associazione delle banche (Abi), che si muove anche in prima persona. Così in mattinata il presidente Mussari va dal viceministro Grilli per chiedere al governo di intervenire preventivando un danno al sistema del credito da 10 miliardi e sottolineando che se la norma entrasse in vigore anche per un solo giorno creerebbe un caos di ricorsi legali. La pensa diversamente l’idv Lannutti per il quale «la maggioranza tutela le banche a danno dei cittadini». Il governo dovrebbe decidere sul da farsi, ovvero se approvare un decreto per neutralizzare l’articolo, nel Consiglio dei ministri di domani.


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