Mirafiori e Pomigliano da chiudere? Fiat ed Elsa Fornero smentiscono

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Partiamo dalla «cosa». Il giornale online Affaritaliani ha pubblicato un pezzo e una tabella da cui si desume che effettivamente il Lingotto starebbe pensando di chiudere due dei cinque stabilimenti italiani in cui si producono automobili (oltre a Termini Imerese, dove veniva costruita la Lancia Ypsilon e l’Irisbus di Flumeri, Avellino). Il sito non ha pregiudizi ideologici, e il nome dovrebbe dimostrarlo. Soprattutto, il ragionamento documentato con un Product Plan “B” 2012-2016 ha diversi aspetti tecnici assolutamente ragionevoli. Nella produzione europea della Fiat i «pianali» – la «piattaforma» dell’auto su cui vengono assemblati, in catena di montaggio, tutti le altre componenti dell’auto – dovrebbero diventare soltanto tre: «Compact» (Giulietta, Bravo, Delta, posizionato a Cassino), «mini» (500, Panda, Ypsilon) e «small wide» (il suv destinato agli Usa, la «nuova multipla») da inaugurare nell’ex Zastava di Kragujevac, in Serbia. Mentre l’«sccs» di Mito e Grande Punto andrebbe a morire, in favore di un altro «small» da montare a Melfi; così come il B-1999 di Idea e Musa o il Mini-Evo della nuova Panda. Ad aggravare la situazione, sarebbero emersi errori di progettazione (sul telaio in carbonio) che complicano la messa in produzione dell’Alfa 4C.
I conti si fanno presto: Mirafiori e Pomigliano resterebbero senza «missione». Sul foglio allegato, brutalmente, c’è scritto «closed». Se è vero – e naturalmente la Fiat smentisce minacciando azioni legali – ci sarebbero state due prove di forza (gli unici referendum accettati nell’azienda proprio nei due stabilimenti destinatia chiusura. Per Pomigliano, vera testa di ponte dello «sfondamento» operato nei confronti di sindacati e diritti, lo spostamento di parte della produzione sul pianale «Mini» – da Tichy, in Polonia, allo stabilimento campano – è qualificato come un «errore».
Detto della secca smentita Fiat, resta la richiesta del segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, perché il governo convochi al più presto un tavolo di confronto. Vedremo se ci sarà , ma nel frattempo Elsa Fornero si è fatta viva con una nota ufficiale in cui afferma di aver «con Sergio Marchionne e John Elkann. Ho avuto da entrambi la rassicurazione che le notizie di stampa circa la chiusura di stabilimenti in Italia sono destituite di fondamento. Sia il presidente sia l’amministratore delegato del gruppo Fiat – ha spiegato il ministro in una nota – mi hanno ribadito che l’impegno assunto verso il nostro Paese è confermato e rafforzato anche dall’operazione Chrysler. Da parte mia ho espresso fiducia verso questo impegno e ho rinnovato l’auspicio che la Fiat possa continuare a rappresentare uno dei principali attori del nostro sistema industriale garantendo almeno gli attuali livelli di occupazione». 
Una rassicurazione rivolta al grande pubblico e che tutti hanno doviziosamente enfatizzato. Ma è sempre un po’ imbarazzante, giornalisticamente, dover mettere a confronto una notizia argomentata e un «abbiate fiducia in noi». Veniamo da un ventennio berlusconiano e da promesse mirabolanti. Un po’ di diffidenza sembra necessaria…


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