Morti in 63. Italia colpevole

by Editore | 30 Marzo 2012 8:14

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In particolare l’Italia. E la Nato, impegnata in quei giorni nel bombardamento della Tunisia. Lo scrive nero su bianco il Consiglio d’Europa, che ieri ha presentato a Bruxelles il rapporto della Commissione Migrazioni su un barcone andato alla deriva nel Mar Mediterraneo a fine marzo 2011. Di quella vicenda si era occupato anche il manifesto che aveva intervistato uno dei nove sopravvissuti. Un racconto tragico, disperato: erano partiti il 25 marzo da Tripoli, erano stati alla deriva per 15 giorni. Da quel barcone era partita una telefonata diretta a don Mussei Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo che in tutti i modi aveva cercato di lanciare l’allarme. Che era arrivato a chi di dovere, ma senza nessuna conseguenza. Il rapporto del Consiglio d’Europa, curato dalla relatrice olandese Tineke Strink, ripercorre tutti i passaggi di quella vicenda. Il messaggio a Zerai viene rilanciato e raccolto dal Centro italiano di coordinamento del salvataggio marittimo che per almeno dieci giorni lo rimanda in onda, avvisando le navi e gli aerei che stanno perlustrando quella zona di mare, interessata al momento dalla missione Unified protector, sotto comando Nato. «Nonostante la zona si trovasse sotto alta sorveglianza militare, nulla è successo», ha denunciato la Strink. «L’ipotesi più probabile è che tutti sapessero e che tutti abbiano voltato gli occhi da un’altra parte per non doversi accollare la responsabilità  di dare un rifugio ai migranti». Di certo – è la tesi del Consiglio d’Europa – sapeva la Nato, così come la nave italiana Borsini che si trovava a 37 miglia dal barcone e la nave spagnola Mendez Nunez che era ancora più vicina, a sole 11 miglia. Entrambe provviste di elicottero. E sapeva l’elicottero dell’esercito francese che per primo si è avvicinato ai disperati del Mediterraneo lanciando loro biscotti e acqua, insieme alla promessa non mantenuta che sarebbe ritornato.
Un film dell’orrore. La relazione sarà  discussa all’Assemblea generale del Consiglio d’Europa il prossimo 24 aprile. Ma l’Organismo, che raccoglie 47 paesi europei, vuole giustizia e ha chiesto alla Nato di predisporre un’inchiesta interna (interrogata dal manifesto al Nato aveva detto di non aver ricevuto alcuna notizia in merito). In Francia è già  stata annunciata la presentazione di una denuncia contro l’esercito francese.
E in Italia? Non ci sono reazioni eclatanti, nonostante l’accusa sia così grave e inedita che dovrebbe muovere le più alte sfere. Invece del governo ha parlato solo il ministro alla Cooperazione Andrea Riccardi per dire che «L’Italia si prenderà  le sue responsabilità ». Lo ha detto anche il presidente del senato Renato Schifani che oggi era presente a Bruxelles. Laura Boldrini, portavoce dell’Agenzia per i rifugiati dell’Onu, ha sottolineato come la denuncia del Consiglio sia fondamentale perché ristabilisce «il principio del salvataggio in mare». Che fino a qualche anno fa sembrava inviolabile. E che invece oggi viene ignorato anche dagli eserciti.

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