Né inchini né inClini agli Ogm

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Tema in discussione, la coltivazione di varietà  transgeniche nei sistemi agrari del continente e le prerogative – vere o presunte – dei Paesi membri dell’Unione di vietarne la semina.
Aveva riaperto le danze due anni fa il presidente della Commissione Europea Barroso quando, per cercare di sbloccare l’empasse del sistema autorizzativo per Ogm destinati alla coltivazione, aveva avanzato la proposta di ammettere divieti nazionali, seppure a determinate condizioni. Gli Ogm rappresentano infatti in Europa una questione di forte sensibilità  pubblica rendendo i governi riluttanti ad aprir loro le porte e la Commissione Europea, che regolamenti alla mano può dire l’ultima parola sulla loro approvazione, timorosa sul via libera, almeno per la semina.
Lo stallo si trascina da anni, con la sola autorizzazione alla coltivazione di una patata transgenica destinata all’industria di carta e colle, approvata dalla Commissione dopo lunghi contenziosi e piantata in una manciata di ettari nelle sole Svezia e Germania. Serviva dunque una spallata e il governo danese, nel corso della sua presidenza di turno dell’Unione e di concerto con Bruxelles, ha provato il gioco delle tre carte: ammettere divieti totali o parziali dei singoli Stati, ma caso per caso e previa negoziazione con la multinazionale di turno (un’aberrazione giuridica: una transazione tra uno Stato e un’impresa, dove non sarebbe neanche chiara la contropartita) e senza poter invocare motivazioni di carattere ambientale, verosimilmente le più consistenti data la diversità  di contesti ecologici europei.
Al gioco delle tre carte partecipano di solito il mazziere, dei complici e il pollo da fare fesso. Identificato il mazziere e in flagrante assenza dei fessi, vista l’alzata di scudi di agricoltori, ambientalisti e consumatori, ha destato scalpore in Italia la posizione del ministro Clini che da Bruxelles rendeva noto il suo favore alla proposta danese. Non proprio un coming out, visto che all’epoca del suo insediamento come Ministro aveva già  plaudito all’ingegneria genetica, ma stupiva la decisione di farsi interprete al tavolo europeo di una disponibilità  del nostro Paese. Un atto vano, comunque, visto che non si è raggiunta alcuna mediazione per l’ostinata contrarietà  di diversi governi, tra difensori dell’Ogm-free e paladini del mercato unico e della libera circolazione delle merci in seno all’Unione.
L’inutile sacrificio richiedeva forse un’orgogliosa rivendicazione e la tribuna offerta da un’intervista al Corriere della Sera ha consentito al Ministro di ostentare fiducia verso «i molti benefici che può portare l’ingegneria genetica», e di ritenere infondati i timori che questa possa «snaturare i nostri prodotti tipici». Che anzi ne trarrebbero un salvifico vantaggio, tanto che bisogna rilanciare la ricerca nel settore, pur non essendo questa materia di sua competenza. Come dire: si punta forte su una carta senza vedere, tanto si vince comunque.
Chi al gioco delle tre carte sembra non voler partecipare è invece il ministro dell’agricoltura Catania che, nel corso di una conferenza stampa al cospetto della Commissaria Europea alla Pesca, ha criticato Clini per aver espresso favore all’introduzione di Ogm nell’agricoltura italiana.
Ambiente e sistemi agrari sono le due principali aree di impatto degli Ogm e i rispettivi ministri, tecnici o politici che siano, dovrebbero dimostrare non solo unità  di intenti, ma soprattutto di avere a cuore la tutela del proprio settore di competenza e l’interesse della collettività . Che in Italia e in Europa ha costantemente espresso ostilità  all’introduzione del transgenico nei campi e nei piatti.
P.s. Se poi il Ministro Clini ci tenesse proprio alla ricerca agricola, perché non si adopera per ripristinare il fondo del 2% di prelievo sulle vendite di pesticidi a favore della ricerca in agricoltura biologica, da troppi anni ormai perso nelle nebbie e nei silenzi di fronte alle relative interrogazioni parlamentari?
segretario della Fondazione per la Ricerca in Agricoltura biologica e biodinamica (Firab)


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