“Basta con i safari umani, umiliano le tribù”

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BANGKOK – «Ci sono diversi tipi di turisti, ma quelli che prima di tutto pensano alle foto sensazionali da mostrare agli amici sono il 40 per cento. Sono i più difficili e spesso pericolosi». Così la pensa Juergen Polte, tour operator tedesco che da vent’anni viaggia in India e in tutta l’Asia ad accompagnare gruppi e singoli in cerca di esotico, o di avventura, su terreni poco battuti dal turismo di massa.
Lei sa che i due italiani rapiti sono sospettati di aver fotografato delle donne che si bagnavano al fiume?
«Sì, ma non posso credere che sia questa la ragione del sequestro. Uno di loro è una guida che conosce bene quelle zone, conosce e rispetta le regole. Lavora qui da anni. Però è vero, pochi pensano che quelle donne spesso non hanno gabinetti dove andare. Ma non per questo non hanno diritto a una certa privacy mentre si lavano, anche se per necessità  devono farlo nel fiume davanti a tutti. Ma in genere prima di scattare foto in queste realtà , bisognerebbe quanto meno chiedere l’autorizzazione. E soprattutto parlarci con un interprete, fare capire che si è interessati alla loro vita, scambiare quattro chiacchiere. Ci vuole del tempo per questo, anche per capire che molti tribali spiritisti temono ad esempio che una foto rubi qualcosa della loro anima».
Tutto il contrario dei safari umani dei quali hanno parlato i maoisti rapitori, secondo i quali i turisti trattano i tribali come scimmie.
«Molti hanno in mente il caso recente del video su YouTube delle danze di donne delle tribù delle Andamane in via di estinzione a uso e consumo dei turisti che tiravano cibo. Sono etnie isolate proprio perché ogni contatto dei sopravvissuti può essere letale dopo millenni di isolamento e un sistema immunitario fragile. Ho sentito il messaggio lanciato dai maoisti che hanno rapito i vostri connazionali: “Non dovete trattarci come scimmie”. Quando vado nei villaggi, entro in una casa, spesso alcune persone non hanno mai avuto un contatto così ravvicinato con un bianco. Allora ci parlo per due ore se possibile, mostro il mio interesse sincero, e solo alla fine eventualmente chiedo se posso fare una foto in ricordo del nostro incontro. Ma il turista standard dopo pochi minuti, se non secondi, va già  fuori dalla casa e si mostra spazientito di non poter usare la macchina fotografica…».
Quanto è alto il rischio di andare senza permessi nelle aree delicate?
«Spesso ho organizzato viaggi in zone dell’India anche più difficili dell’Orissa, come Arunachal e Nagaland, e solo grazie alle esperienze positive del passato ho potuto ottenere le autorizzazioni per certe zone tribali, altrimenti non passi i check point. Bisogna sapere che ci sono parecchi delicati interessi economici, come le miniere, a parte le insurrezioni, e per questo molta gente locale è già  tesa. Quando la popolazione si sente con le spalle al muro può anche fare del male a qualcuno».


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