“Ci dispiace per i pescatori indiani ma questa è la nostra verità ”

by Editore | 17 Marzo 2012 14:10

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TRIVANDUM – «Ci dispiace a prescindere». Ore 11,30, aula esterna della prigione centrale tra i boschetti di banani, palme e querce alla periferia di Trivandrum, estremo sud dell’India. Sono parole del maresciallo dei marò Massimiliano Latorre. Sguardo duro col sorriso sulle labbra e la battuta pronta, fa il saluto militare al direttore della prigione, che ricambia con cortesia. Accanto a loro c’è l’altro sottufficiale dei marò arrestato per l’omicidio di due pescatori indiani scambiati per pirati, il sergente Salvatore Girone. «Ci dispiace della loro morte, a prescindere da come sia successo», dicono. Un mese dopo, la tesi italiana non cambia.
Nell’afa indiana l’aria è distesa, le formalità  sono ridotte al minimo, la cordialità  è ammirevole. Per la seconda volta, oggi come sempre, il capitano di fregata Francesco Marino è a colloquio: ha portato la colazione alle 8, è tornato a trovarli alle 11 per le telefonate alle famiglie e tornerà  di nuovo alle 13 con il pranzo e alle 20 con la cena. Mangiano «tagliatelle, pizza e coca cola, li fa sentire più vicini a casa»: tutto preparato nel ristorante italiano Casa Bianca, gestito da una svedese con cuoco e personale indiano. Nel piccolo piazzale all’ingresso, tra invasi di pomodori e ortaggi che i carcerati coltiveranno, c’è profumo di spezie. Gli uomini del sovrintendente aprono un contenitore in acciaio e assaggiano il rancio: l’aspetto è ottimo, con buona pace delle trenette svedesi. 
Brutto guaio essere qui… Cosa avete raccontato ai vostri figli?
«Io ne ho quattro. Sto pensando di fare il quinto proprio adesso…», risponde ridendo Latorre per rompere il ghiaccio. «Giulia ha 18 anni e non ho avuto bisogno di dirle nulla. Noemi ne ha 12 ma ha capito al volo. Tommy invece ha dieci anni e lo avevamo tenuto al riparo, ma la psicologa ci ha consigliato di cominciare a metterlo al corrente. L’Italia è tappezzata dalle nostre foto, rischiamo di farlo cadere dalle nuvole». Poi parla Girone: «Michele ha 10 anni, sa tutto e tiene tutto dentro. E’ un bambino forte e sveglio. Martina ne ha 5, è piccolina». Sono le uniche parole che dirà . Parla per entrambi il suo superiore, Latorre.
Da quanto tempo eravate in mare?
«Siamo partiti dall’Italia il 22 gennaio. Una missione di tre o quattro mesi, pensavamo, con rientro intorno a fine aprile: più breve di quelle a cui siamo abituati in altri scenari». 
L’attacco è avvenuto durante il pomeriggio: la visibilità  era buona? Eravate contro sole?
«Diciamo solo che è avvenuto di pomeriggio». 
Se vi chiedessero di ripetere una missione anti pirateria su un mercantile lo rifareste?
«Sì. Ci crediamo ciecamente. Io ho 27 anni di servizio, il maresciallo Girone 16. Abbiamo fatto tante, molte operazioni a bordo e a terra e abbiamo ottenuto, grazie a Dio, un ottimo riscontro da parte di tutti, a livello nazionale e internazionale, come uomini e come reparto».
Qual era e qual èora il vostro rapporto con il comandante del mercantile Enrica Lexie?
«Ottimo, come è sempre stato su tutte le navi a bordo delle quali il San Marco ha lavorato, facendosi sempre apprezzare per scrupolosità ».
A bordo sono bloccati quattro vostri commilitoni. Cosa volete dirgli?
«Per mare e per terram».
Il motto dei marò… Chi vi ha ordinato di deporre le armi e scendere dalla nave?
«Riformuli la domanda, per favore».
La polizia indiana è salita a bordo e vi ha ordinato di scendere, voi lo avete fatto disarmati. A chi avete obbedito?
«Sulla nave non giravamo armati. Le armi vengono custodite a bordo. Siamo scesi dalla nave perché ci è stato detto di farlo». 
Da chi?
«Non rispondo». 
Da chi è partito l’allarme, quel giorno in mare? Chi ha detto: attenzione, ci stanno attaccando i pirati?
«Mi dispiace, a queste domande risponderemo davanti a una birra, ma non qui e ora». 
Davanti a una birra non sarete i due marò in prigione in India e non saremo venuti apposta per porvi domande. Come vi trattano?
«Bene, con rispetto».
Cosa pensate degli indiani con cui avete avuto a che fare, a cominciare dalla polizia che vi ha arrestato? 
«Che hanno fatto il loro dovere. Li capiamo. Mi permette intanto di ringraziare tutti coloro che ci stanno manifestando il loro affetto e supporto? Il calore che esprimono ci arriva attraverso le nostre famiglie: come dice qualcuno, abbiamo unito l’Italia e questo è un grande onore».
Due persone, due pescatori, sono morti.
«Siamo cattolici e ci dispiace della loro morte indipendentemente da quello che è successo e a prescindere che si tratti di indiani o italiani o giamaicani».
Non vi sentite responsabili?
«Ci dispiace che abbiano perso la vita due persone allo stesso modo come ci dispiace della morte di altri cinque pescatori indiani in un incidente con una nave pochi giorni dopo. Siamo uomini di mare, le vite perse in mare ci dispiacciono sempre».
Torniamo a quel pomeriggio. Siete in mare, il barchino si avvicina e potete girare la scena una seconda volta. La rifate uguale o vi comportate diversamente?
«No comment». 
Sicuri? La domanda è…
«Abbiamo capito. La risposta è no comment».

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