“Ero diventata schiava del lavoro adesso insegno yoga e sono felice”

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«Quando arrivai alla Lehman Brothers, sede di Londra, all’inizio del 2005, mi guardavo intorno e tutto mi sembrava meraviglioso: c’era la mensa ma anche la lavanderia, la palestra, perfino uno studio medico attrezzatissimo. Roba da non credere. Ci volle un mio amico a farmi aprire gli occhi: guarda che questo lo fanno solo perché vogliono che tu passi tutto il giorno là  dentro senza uscire neanche un secondo. Aveva ragione». Vittoria Frua adesso fa l’insegnante di yoga a Milano e ha l’aspetto di una persona felice. «Ancora oggi mi sembra un po’ strano la mattina vestirmi con i fuseaux anziché col tailleur d’ordinanza e le scarpe coi tacchi. Ma poi mi fermo a riflettere e mi dico: hai fatto la scelta giusta». Vittoria non ha aspettato che il castello di carte crollasse, è uscita nel gennaio 2008 per sua scelta, pochi mesi prima del crack della banca in settembre. «C’era qualcosa che non andava, me ne rendevo conto. Tensione esagerata, atteggiamenti dell’azienda inspiegabili: promesse non mantenute, spiegazioni non date, persone tenute in un posto quando palesemente non erano adatte. Lo dicevo ai miei colleghi e loro allargavano le braccia. Poi abbiamo capito tutto».
Vittoria è un avvocato. Nata a New York, ha studiato legge a Londra, poi è tornata a New York e ha cominciato la professione in uno studio che seguiva le case cinematografiche. «Allora sì che ci si divertiva. Al festival di Cannes del 2003 ho fatto addirittura il tappeto rosso perché avevo partecipato alla Storia di Moab di Peter Greenaway». Due anni dopo, nuovo trasferimento a Londra e l’ingresso nella blasonatissima Lehman Brothers. «Fui in un certo senso fortunata: per la Lehman e per le altre principali banche d’investimento erano state emesse, per evitare i conflitti d’interesse, nuove regole da parte delle autorità  di controllo sulla Borsa inglese e americana. Così venne rafforzato l’ufficio legale interno incaricato di verificare la compliance, cioè l’osservanza delle regole da parte della banca. Dopo un po’ mi promossero assistant vice president, avevo un team di collaboratori. C’era una tensione fortissima perché la vigilanza era dura». E dura era anche la vita di Vittoria: «Ogni mattina alle 7 avevo la research call: significa che dovevo, prima dell’apertura dei mercati, verificare che quello che era scritto nei report della banca non contenesse notizie riservate che i nostri ricercatori potevano aver appreso dai colleghi dell’investment banking. Mi svegliavo alle 5, e mentre andavo in ufficio in metropolitana compulsavo fino all’ultima virgola il Financial Times per verificare quali informazioni fossero di pubblico dominio fra quelle che utilizzavamo. Poi la riunione, e tutto il giorno a stare attentissima che i trader non infrangessero le regole. Uscivo alle 9 di sera e non riuscivo neanche a lavarmi i denti prima di stramazzare sul letto».
Per fortuna di Vittoria, nella sua vita c’era da sempre lo yoga. «Durante tutti gli anni nella finanza mi aveva aiutato a mantenere il mio equilibrio. Ma ora per mesi non riuscivo ad andare a lezione, neanche arrivando con mezz’ora di ritardo, ero disperata. Finché ho deciso di scegliere me stessa anziché la carriera. Quando ho mollato la banca, ho investito tutti i miei risparmi in un viaggio zaino in spalla, in Guatemala, Australia e Sud-est asiatico. Sono stata fuori cinque mesi e al ritorno mi sono iscritta a un corso di olistica, poi sono andata in Messico per un teacher training in yoga. A quel punto ho cominciato a dare lezioni a Londra, infine nel 2010 mi sono trasferita a Milano, la città  della mia famiglia. È stato un cambiamento di vita non facile, non avevo mai vissuto in Italia, ma ora sono sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta. Impartisco lezioni di yoga presso i centri Be Yoga e Accademia Palermo 8, organizzo seminari, tengo conferenze sulla nutrizione al Centro Botanico. Ora ho una serie di week-end impegnatissimi perché la primavera è la stagione in cui bisogna regolare il corpo ai cambiamenti». Ma non ti manca niente della Lehman? «Oh certo, mi manca la vita d’ufficio, il confronto con i colleghi, e se ci penso anche l’adrenalina. Ma ci credi che ero il tipo che nelle vacanze estive volava a New York per fare degli stage alla Ernst&Young?»


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