“I commando hanno fallito il blitz inglese è stato un fiasco militare e di intelligence”

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Vincent Cannistraro la dice dritta. «Non aver avvisato gli italiani prima di dare luce verde al blitz di Sokoto è stato semplicemente ingiustificabile. Inutile girarci intorno: gli inglesi hanno sbagliato». L’uomo al telefono da Washington conosce ciò di cui parla. Oggi è un apprezzato analista e consulente di intelligence, dopo un’intera vita professionale nella Cia. E sulla crisi politico-diplomatica in cui Roma e Londra si sono avvitate sembra avere idee molto chiare.
Il ministro della difesa inglese ha sostenuto che in una situazione “militarmente complessa e improvvisa nei tempi” come quella che si era determinata giovedì mattina, “si può comprendere un ritardo di comunicazione”. 
«Mi sembra un tentativo di giustificarsi, sapendo di aver commesso un errore. Da sempre, nei rapporti tra governi e Servizi alleati, come lo sono quello inglese e italiano, la prassi vuole che in situazioni di questo genere, si avvisi il Paese che ha un interesse diretto nell’operazione, anche se non partecipa militarmente, prima che l’operazione abbia inizio. Che poi l’avviso arrivi dodici ore prima o trenta minuti prima, non ha importanza. Chi ha il comando dell’operazione militare ha ampia facoltà  di scelta, anche perché è il solo a conoscere il dettaglio del terreno. Ma quell’avviso deve esserci. Insisto, parliamo di Paesi alleati, membri dell’Alleanza Atlantica. E dunque non c’è segretezza o fretta che tenga». 
Nelle decisioni di Londra può aver pesato la diffidenza nei confronti dell’approccio italiano – politico e di intelligence – a una crisi con ostaggi? La stampa inglese ha ricordato i precedenti italiani in Afghanistan e Iraq, dove l’Italia ha regolarmente preferito la via negoziale e quella del pagamento dei riscatti.
«Non credo. Quello che ha scritto la stampa inglese è corretto. È vero che l’Italia, in Afghanistan e in Iraq, si è regolarmente distinta nell’approccio a situazioni di crisi con ostaggi rispetto a Inghilterra e Stati Uniti. È vero che i vostri governi, senza distinzioni, si sono sempre dimostrati contrari a soluzioni militari. Ed è vero che questo ha creato in alcune occasioni tensioni diplomatiche e di intelligence. Ma è altrettanto vero – e parlo ora di Washington – che questo non ha impedito che gli Stati Uniti, quando è stato necessario, abbiano avvisato Roma. Cito, su tutti, il precedente della liberazione di contractor italiani a Bagdad con un blitz di marines». 
E dunque e di nuovo, perché l’errore degli inglesi?
«Probabilmente, hanno ritenuto che fosse implicito, nelle informazioni che avevano condiviso con Roma prima di giovedì, che l’esito di questa crisi sarebbe stato militare. Hanno pensato inoltre, come talvolta accade, che il fatto di non dover condividere con l’Italia la responsabilità  militare dell’operazione li rendesse completamente autonomi. Ma, soprattutto, ho la sensazione che nell’errore di Londra abbia pesato anche la pessima qualità  delle informazioni di intelligence raccolte dal governo nigeriano. Insomma, quel che voglio dire è che nella fretta inglese e negli errori che ne sono seguiti mi sembra che le autorità  nigeriane abbiano giocato un ruolo decisivo. Che Londra si sia fatta un po’ prendere la mano». 
Il governo italiano ha infatti chiesto chiarimenti anche a quello nigeriano.
«Mi sembra una decisione corretta. Questa storia e il suo esito drammatico per gli ostaggi è innanzitutto un fiasco militare e di intelligence, di cui, evidentemente, non è superfluo comprendere l’origine. Anche perché un dato mi sembra accertato. E cioè che a dettare i tempi dell’operazione, ad accreditare una situazione favorevole sul terreno sia stata proprio la polizia nigeriana. Per altro, non sono gli inglesi i primi ad essere stati trascinati in un’operazione così rovinosa in Nigeria. Era accaduto anche ai Francesi». 
Un maggior coinvolgimento dei Servizi italiani avrebbe consentito agli inglesi di valutare meglio la qualità  dell’intelligence nigeriana?
«Èpossibile. Ma qui è l’altra domanda che pone il fallimento di questa operazione. Il Servizio italiano aveva informazioni autonome in grado di correggere o completare quelle che agli inglesi venivano girate dai nigeriani? Anche questo aspetto mi sembra sia tutto ancora da esplorare».


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