“Un pasticcio tra aziende dall’Inghilterra all’Irlanda”

by Editore | 27 Marzo 2012 8:19

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ROMA – Ministro, finalmente avete capito che cosa è successo a Barletta.
«Stiamo valutando due ipotesi, coinvolgono Inghilterra e Irlanda. Offrono una luce nuova al dibattito sugli acquisti online fatto in questi tre giorni».
La prima ipotesi qual è?
«Gli investigatori, procura di Trani, Interpol, Scotland yard, hanno accertato una parte consistente del racconto. Allora, la causa della morte della povera signora non è stato il sorbitolo, né normale, né industriale, ma il nitrito di sodio».
Un conservante della carne.
«Fortemente tossico, ne basta un grammo per mandarti al creatore. L’Italia è un grande produttore di sorbitolo industriale, ha industrie fra le più importanti al mondo». 
Questa partita di sorbitolo viene prodotta nello stabilimento della Cargill Italia in provincia di Rovigo.
«Sì, nel 2010. E un’azienda alimentare inglese ne acquista dodici tonnellate per uso alimentare».
Perché un’azienda alimentare inglese?
«Diciamo che quell’azienda trasformava il sorbitolo industriale in sorbitolo alimentare, perlopiù dolcificante. Gli inglesi, in questo caso, sono diventati mediatori, un tramite, e hanno rivenduto l’intera partita a una terza azienda, irlandese. Sono questi ultimi a fare commercio di sorbitolo via internet».
Il sorbitolo trattato era nocivo?
«Riteniamo di no. Era per uso alimentare». 
Come era conservato? 
«In sacchi da 10 e 25 chili».
Quando entra nel meccanismo la clinica irregolare di Barletta?
«Lo scorso settembre. Ne ordina cinque chili, e questo, già , è un reato: in Italia non si può comprare su internet nulla che abbia fini sanitari. Alla clinica Spinazzola il sorbitolo serviva per motivi clinici».
È in quest’ultimo passaggio che avviene l’errore.
«L’azienda irlandese deve effettuare un travaso dai sacchi più grandi e lì, probabilmente, un impiegato sbaglia».
Spieghi meglio.
«È stato appurato: a Barletta sono arrivati cinque chili di nitrito di sodio. Sa, il sorbitolo e il nitrito sono identici. È probabile che un impiegato dell’azienda irlandese Mistral l’abbia scambiato. E abbia fatto partire per l’Italia il nitrito».
Non è possibile, piuttosto, che ci siano in circolazione dodici tonnellate di nitrito di sodio? La magistratura lo teme.
«Questa è la seconda ipotesi, ma è improbabile. L’azienda italiana lo esclude e, d’altro canto, se fosse vero dal 2010 ad oggi avremmo assistito nel mondo a una strage da nitrito comprato su internet. Per fortuna, non è accaduto. È presumibile che l’errore sia avvenuto nei magazzini irlandesi, e solo per quei cinque chili spacchettati e inviati in Italia».
Ministro, lei ha detto che è meglio astenersi dal comprare farmaci online. Non ha intenzione di fare qualcosa di più? Un protocollo per medici e direzioni sanitarie, per esempio?
«Oggi comprare farmaci online dall’Italia è vietato. Più che vietare, che si può fare? So anch’io che questo divieto spesso non è rispettato. Dobbiamo rafforzare la capacità  generale di fermare le violazioni e trarre insegnamenti da questi episodi».
Quali insegnamenti?
«Che troppi italiani non sanno che è vietato acquistare dalle farmacie online, che la gran parte delle farmacie online offre prodotti alterati e che a volte internet è una grande sventura».
Perché non provate a chiudere i siti delle farmacie irregolari?
«Non ci si riesce neppure con i siti pedopornografici, è un problema che la polizia postale conosce bene».

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