Ridurre i Costi nel Mondo globale i Freelance copiano le Multinazionali
Intervistato dal New York Times, Drew Smith, musicista indipendente, racconta come è riuscito a copiare le strategie delle grandi imprese globalizzate: volendo lanciare una sua canzone su YouTube, ma non avendo soldi per produrre un video negli Usa, ha contattato una scuola di danza di Bangalore per affidarle l’incarico.
Il risultato è stato strabiliante: il video, confezionato in stile «bollywoodiano» e costato solo 2 mila dollari, è stato visto 180 mila volte, regalando a Smith un livello di visibilità che difficilmente un freelance è in grado di ottenere. Ma il Times spiega che non si tratta di un caso isolato: i freelance e le microimprese che fanno outsourcing, affidando ai loro omologhi indiani, sudamericani o dell’Est Europa la realizzazione di video e altri prodotti sono in crescita. Gli entusiasti della Net Economy interpreteranno il fenomeno come una conferma del fatto che la Rete regala ai piccoli produttori l’opportunità di competere «alla pari» con le grandi imprese. A ben pensare, tuttavia, si tratta di una tendenza non priva di ambiguità . È vero che tanto i freelance dei Paesi ricchi quanto quelli dei Paesi in via di sviluppo possono trarre vantaggio: i primi abbassando costi di produzione che altrimenti risulterebbero insostenibili, i secondi acquisendo inediti canali di accesso al mercato globale, know how e capitale reputazionale. È altrettanto vero, tuttavia, che così questi pionieri della globalizzazione e dell’outsourcing «individuali» agiscono da apripista per i grandi marchi dell’entertainment i quali, finora, avevano decentrato perlopiù mansioni esecutive, mantenendo nei Paesi di origine quelle a contenuto creativo. Ma quando avranno capito di poter decentrare anche queste ultime, la «scoperta» dei freelance potrebbe ritorcersi contro i colleghi che lavorano alle dipendenze dellemajor della musica, del cinema e della televisione.
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