Rivolta contro l’aumento dell’Iva “Stangata da 420 euro a famiglia”

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ROMA – Il fronte del «no» è compatto: l’annuncio da parte del governo di un aumento dell’Iva in arrivo dal prossimo ottobre è vista da consumatori, sindacati e aziende come un’autentica sciagura. Una doccia gelata sui sogni di ripersa. L’aumento – ha ricordato il viceministro all’Economia Vittorio Grilli parlando a Ballarò – è già  legge (il decreto Salva-Italia) e visto che, per ora, non ci sono «tesoretti» cui attingere, non sono previste nemmeno riduzioni di tasse in grado di sterilizzare gli effetti del ritocco sui redditi bassi. Il governo, ha fatto quindi sapere Grilli, non ha al momento un piano alternativo che consenta di evitare il rialzo (si tratterebbe comunque di un taglio alle agevolazioni fiscali), anche se il premier Monti nei giorni scorsi aveva lasciato intendere l’intenzione di non toccare l’imposta.
Il decreto è chiaro e l’allarme è alto. La norma prevede che in autunno, a salire, siano due aliquote: quella del 10 per cento, che passerebbe al 12, e quella del 21, che arriverebbe al 23 per cento. Un’autentica «sciagura» commentano i consumatori, una raffica di aumenti che peserà  soprattutto sulle famiglie e che non aiuterà  né la domanda interna né la ripresa. 
Il Codacons parla di aumenti medi di 420 euro a famiglia; Federconsumatori-Adusbef ricordano che bisogna tener conto anche dei rincari indiretti provocati dal rialzo dell’aliquota. La Cgia di Mestre, considerando i beni sottoposti all’aliquota del 23 per cento (dall’abbigliamento ai mobili, dai trasporti alle comunicazioni al tempo libero) fa notare come, solo da tali voci, si arrivi a 193 euro annui di aumento medi. Ma non basta, ricorda, la Coldiretti: l’aliquota oggi al 10 per cento si applica anche a beni di prima necessità  (come carne, pesce, yogurt o zucchero) e quella ora al 21 riguarda anche l’acqua minerale, il vino e la birra, generi non proprio di lusso. Se il rialzo arriverà  gli italiani spenderanno un miliardo un più l’anno solo per la spesa alimentare. «Una mazzata» commenta Federalimentare, l’associazione delle aziende del settore.
Sul piede di guerra scendono anche i commercianti: «gli effetti del provvedimento sull’economia reale sarebbero drammatici» commenta la Confcommercio. I due punti in più sulle aliquote «comporteranno non solo la riduzione del volume dei consumi, il cui profilo evolutivo è già  molto negativo, ma ridurranno anche il potere d’acquisto, i redditi percepiti e la ricchezza messa da parte dalle famiglie, colpite da cinque anni di continue riduzioni del reddito disponibile». Per Confesercenti l’annuncio di Grilli dimostra che «il governo preferisce far cassa mettendo le mani nelle tasche degli italiani piuttosto che tagliare una spesa pubblica senza limiti, caratterizzata da inutilità  e sprechi, e rendere più efficiente e meno costosa la macchina statale».


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