Russia, la retata dei dissidenti scontri alla marcia anti Putin

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Mosca – Li arrestano, li portano via. Qualcuno lo inseguono lungo i marciapiedi delle boutique di lusso di via Tverskaja. Qualche altro lo acciuffano proprio sotto la statua di Pushkin che domina la piazza più elegante della capitale. La prima retata di oppositori della terza era Putin, scatta improvvisa alle nove di sera, alla fine della manifestazione contro le ennesime elezioni truccate che hanno riportato formalmente al Cremlino l’uomo che guida comunque la Russia da dodici anni. Un’operazione silenziosa e decisa, coordinata via radio con agenti in tenuta spaziale, caschi integrali, parastinchi, giubbotto antiproiettile. Tutti collegati tra loro con vistosi auricolari neri. Più di mille persone spariscono nel nulla per essere spedite, su vecchi furgoncini militari, nei tribunali di periferia e giudicati per direttissima nella notte. Il reato è già  pronto: disobbedienza alle forze dell’ordine. Può tenerti in carcere anche due settimane. 
E la selezione degli arrestati è scientifica: il primo è inevitabilmente Aleksej Navalnyj l’avvocato che si è inventato blogger anticorruzione e che tanti sognano di poter un giorno candidare alla presidenza. Il secondo è Sergej Udaltsov, militante della sinistra per i diritti civili. Preso dopo un tentativo di fuga tra la folla in piena passeggiata del dopo cena, Ilia Yashin, blogger tra i più cattivi contro il “tandem al potere”. Lo scrittore filo bolscevico Eduard Limonov aveva invece anticipato i tempi facendosi arrestare due ore prima con un gesto da kamikaze: era andato a urlare slogan anti Putin proprio sotto alla famigerata sede dei servizi segreti in piazza Lubjanka. 
Finisce dunque nel peggiore dei modi una manifestazione platealmente autorizzata nel cuore della città . Un gesto che Putin in persona aveva sottolineato come un segno della sua visione democratica e della sua intenzione di non ricorrere all’uso della forza. Pochi ci credevano, ma per qualche ora era sembrato possibile. Circondati da poliziotti armati, autoblindo, e dai soliti giganteschi camion da cantiere usati come blocchi stradali, almeno in trentamila avevano urlato con rabbia i loro slogan: “Una Russia senza Putin”, “Via i ladri e i truffatori”, “Dateci elezioni vere”. 
Un elicottero volava basso sopra le loro teste, qualche colonnello dell’esercito in colbacco d’astrakan si aggirava insolitamente sul palco confabulando con misteriosi ragazzotti poco interessati al comizio. Sembrava solo un controllo più attento delle altre volte ma era una trappola ben congegnata. Si è capito solo alla fine. Quando Tatiana Lazareva, star del cabaret, adesso cancellata da tutte le tv del Paese, ha chiuso la manifestazione rispettando al secondo i tempi concordati con la polizia. Ha fatto le ultime raccomandazioni: «Attenti alla ressa in metropolitana. Siate calmi ed educati. Basta un niente per farli arrabbiare». Si riferiva alle file interminabili di agenti che si dipanavano a raggiera lungo i giardini di Piazza Pushkin, da quello che fu il primo McDonald’s dell’Unione Sovietica fino al Teatro Stanislavskij e al ristorante italiano per ricchi “Il bocconcino”. 
Ma il piano era un altro. Proprio quando la folla si è dispersa è stato più facile individuare e colpire le prede più ambite, i dissidenti più rappresentativi. Pochi dei militanti hanno capito. Lo hanno saputo dopo da Tele Dozhd (tele Pioggia), la sola tv che ha dato la notizia, e dalla cronaca degli stessi arrestati che hanno continuato incredibilmente a comunicare con Twitter, con i tablet, i telefonini. Nel sorprendente mondo della nuova opposizione russa succede anche questo. Milioni di persone hanno seguito, scambiandosi pareri e proposte, tutte le fasi dell’arresto rilanciate su Tele Pioggia ma anche su una decina di siti militanti. Navalnyj ha addirittura inviato una foto dell’interno del suo furgoncino dove i suoi compagni di disavventura sembrano più studenti in gita che dissidenti in catene. E per tutta la notte ha continuato a inviare la sua cronaca personale da avvocato, valutando le accuse e tranquillizzando i suoi fan: «Se non si inventano altro, posso uscire anche prima dell’alba». 
Tranquillizzare i manifestanti, evitare gesti inconsulti e controproducenti davanti alla svolta poliziesca del governo, sembra la priorità  più importante, in questo momento per i leader della protesta. Proprio per questo Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politkvoskaja e di mille battaglie contro Putin aveva pubblicato stamattina in prima pagina un breve ma accorato appello di Mikhail Gorbaciov: «Ragazzi non accettate provocazioni ma soprattutto non fatele. Qui nessuno deve morire per la Patria. Dobbiamo tutti vivere per conquistare la democrazia». 
Difficile mantenere alto il morale della gente che era accorsa in massa alle ultime manifestazioni di piazza nel giorno dell’ennesima vittoria di un potere senza fine. Lo stesso Navalnyj quando era salito sul palco aveva deciso di pronunciare ad alta voce quello che nessuno aveva il coraggio di dire: «Siamo delusi. Non sono elezioni vere, lo sappiamo. Ma siamo delusi. Forse abbiamo sopravvalutato la nostra forza. Adesso ci tocca costruire una macchina propagandistica più forte che faccia sapere a tutto il Paese che siamo governati da un ladro e che il suo potere non è legittimo». 
Inutile illudersi per le abituali uscite a effetto del presidente Medvedev. Ieri ha annunciato al mondo che intende far rivedere la sentenza su Khodorkovskij, l’oligarca ribelle, detenuto da dieci anni. Qualche oppositore più politicizzato come l’ex deputato Vladimir Ryzkhov prova a girarla in positivo: «E’ una nostra vittoria». Ma non è molto credibile. L’unica strategia che resta è quella dello stratega per eccellenza, l’ex campione mondiale di scacchi Garry Kasparov: «Continuiamo a minacciarli, continuiamo a protestare. Non sono in grado di difendersi a lungo. Perderanno la testa». 
E l’immagine definitiva la trova il giornalista Oleg Kashin. Forse per esperienza personale visto che è diventato un leader anti Putin dopo essere stato pestato a sangue da due sconosciuti, per un articolo contro il potere degli oligarchi: «Quando cadi a terra in una rissa, è inutile agitare i pugni. Devi invece recuperare le forze e rialzarti solo quando sei pronto a colpire».


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