Squinzi o Bombassei, fuga da Confindustria

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Questa Confindustria non vuole l’articolo 18 ma nemmeno una riforma del mercato del lavoro che la costringerebbe a tirar fuori molti più soldi per gli ammortizzatori sociali. Alla Confindustria del dopo Emma Marcagaglia – domani si avrà  la designazione del nuovo presidente fra Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei, dopo una complessa procedura di voto tra i tanti associati – la riforma continuerà  a non piacere, mentre sull’articolo 18 i due candidati si sono espressi in modo opposto. Per Squinzi non è il problema, per Bombassei sarebbe stato stato bene abolirlo da chissà  quando. Ma dire che il primo è una colomba e il secondo un falco non cambierebbe di una virgola la percezione di una Confindustria in caduta libera. 
Per alcuni, la corsa a ostacoli che sta portando uno dei due a viale dell’Astronomia è stata combattuta come non mai, con colpi sotto e sopra la cintola. Sullo sfondo, o in primo piano, ha brillato però di più una Confindustria in costante perdita di peso specifico, con molti associati insofferenti verso una struttura considerata esosa per quello che dà  (cioè troppo poco) e dagli scarsi margini di manovra. Molti se ne sono andati, l’ultimo in ordine di tempo è stata Save, la società  che gestisce l’aeroporto di Venezia, venerdì scorso. Altri – tra smentite e rumors ricorrenti- se ne andranno sia se vincerà  Squinzi o se sarà  Bombassei. Ed è difficile che un peso massimo come la Fiat possa tornare. Sui contratti, Sergio Marchionne è uscito sbattendo la porta in faccia a Marcegaglia, anche se due giorni fa proprio il gruppo che fa capo alla presidente ha siglato un accordo separato senza la Fiom, dopo averne negato l’intenzione.
Passando da una ineleganza a un’altra, Marchionne da fuori si è tuttavia schierato con Bombassei, facendo capire che se fosse lui il nuovo presidente, Fiat potrebbe tornare. Pure, il Lingotto non ha bisogno di Confidustria, dopo un tempo in cui la Fiat era «la» Confindustria e la corsa dei candidati in alcuni casi era soltanto una formalità . Marchionne potrebbe aver calcolato che il suo innaturale endorsement non gli sarebbe costato nulla: Bombassei viene dato in netta minoranza nel conteggio delle preferenze tra gli associati, forte solo in Piemonte, nel nord est e in Emilia Romagna. Squinzi, dalla Federchimica alla Mapei costruzioni, sarebbe in vantaggio, potendo contare sulla Lombardia, sul resto d’Italia e pare anche sull’amicizia con Fedele Confalonieri, benché Silvio Berlusconi venga dato pro-Bombassei. Confusione e insofferenza sotto il cielo stellato di viale dell’Astronomia.
Squinzi o Bombassei, Confindustria sembra destinata a restare fuori dal centro della scena. Da una parte è stretta nell’angolo dal governo tecnico di Mario Monti; che, per dirne una, pur tifando per gli imprenditori, continua a non rimborsare l’Iva. Niente soldi per il cash flow, le banche strozzano il credito, molte piccole aziende chiudono. Dall’altra, c’è l’Europa che ormai decide le politiche sociali e le politiche economiche, da Bruxelles passando per la Bce di Francoforte di Mario Draghi. «La Confindustria deve tornare a fare il suo mestiere, non politica quando la politica non c’è più», dice uno di quelli che se ne sono andati. Lobby, lobby più a Bruxelles che a Roma, come per altro promettono in campagna elettorale e all’unisono Squinzi e Bombassei. Il secondo, da capo delle Brembo e da attuale vicepresidente della Confindustria, ha inviato una lettera aperta ai colleghi in cui mette nero su bianco cosa vorrebbe fare in caso di vittoria: «Il ruolo di una grande istituzione come Confindustria – si legge nella missiva – sarà  determinante nei prossimi anni purché sappia tradurre i bisogni delle imprese in soluzioni da proporre agli organi di governo europeo, nazionale, locale». E ancora: «Occorre che viale dell’Astronomia torni ad essere un luogo per professionisti di altissima qualità  in grado di interloquire con Bruxelles e con il governo con il massimo di autorevolezza, che siano vicini alle Associazioni, in grado di capirle, di ascoltarle». Se per caso lo chiedesse pure l’Europa, Confindustria sarebbe ancora più nei guai.


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