Tav: le lacrime della Val Susa

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Sul tratto dell’autostrada A32 Torino – Bardonecchia, tra Bussoleno e Susa, nella zona della galleria Parontin, occupata per qualche ora giovedì notte, le squadre della Sitaf che gestisce il tratto hanno lavorato tutta la notte per rimettere in sicurezza e ripulire la carreggiata. Poco più indietro, allo svincolo dell’autostrada di Chianocco, teatro di violenze giovedì, i lavoratori e la Polizia hanno risistemato i guard-rail sradicati e la circolazione, se pure poca, è tornata alla normalità .

Del resto, i leader della protesta erano stati chiari. Ritrovo tassativo, per tutti alle 21, nella piazza del mercato di Bussoleno. È da lì che saranno prese tutte le iniziative. È li che si decide dove, come e quando bloccar. Ma la valle è divisa. Non tutti sono d’accordo con il movimento, ma soprattutto non sono d’accordo con le iniziative che il movimento ha messo in atto.

A Susa la giornata è tranquilla. I bar sono pieni e dei manifestanti No-Tav, molti arrivati da fuori, non c’è traccia. Ma la galleria di sette chilometri e 400 metri da Chiomonte a Moncenisio è l’argomento principale degli anziani seduti ai tavoli dei bar. C’è chi si lamenta per “l’amianto e l’uriano presente nella roccia che si sta per andare a perforare e che rischia di causare malattie agli abitanti della zona” e chi, come molti commercianti, accusa i manifestanti di rovinare quel poco turismo che c’è nella valle.

Potevano chiedere più posti di lavoro, più indennizzi invece di occupare ferrovie e autostrade”, dice la proprietaria di un albergo a Bussoleno. Soprattutto tra i commercianti il malumore per le azioni intraprese dai No – Tav sono evidenti. “Questa – spiega Alessandro, proprietario di un bar a Susa – è una valle di lacrime. Se poi si mettono a bloccare tutto addio. Non ci sono turisti, è normale che sia così se ad ogni svincolo questi si scontrano con la Polizia”. Anche gli albergatori, salendo sulla valle verso Bardonecchia non sono assolutamente d’accordo con quello che sta succedendo. “Abbiamo avuto poca neve e una estate anticipata. Queste manifestazioni e blocchi proprio non ci volevano”, è l’idea di una albergatrice del Sestriere, “la gente – racconta – ci chiama e chiede se le strade sono aperte, se c’è pericolo. Oramai sembra di essere ostaggi di questi manifestanti”.

Scendendo la valle, a Venaus, nella vallata verde ai piedi delle montagne ancora innevate, dove il vecchio progetto prevedeva di far passare la linea ad alta velocità , c’è la casa storica del presidio No-Tav. Poca gente, seduta ai tavoli di legno nel prato discute sui motivi del “no”. “L’inquinamento della valle, il rischio di malattie da amianto, il costo eccessivo per una struttura che non ha ragione di essere costruita, le infiltrazioni mafiose”. Le solite ragioni e motivazioni che oramai si raccontano da un ventennio.

Ma la tensione c’è. Soprattutto nei confronti dei giornalisti che, oramai, pare siano diventati il bersaglio preferito di una parte dei manifestanti. Telecamere rotte, nastri sequestrati e, come nel caso degli operatori di H24, malmenati. Il clima di intimidazione e aggressione nei confronti della stampa ha oramai superato i livelli di guardia. I leader del movimento chiedono scusa, dicono di avere “buone ragioni per essere arrabbiati con certi giornalisti e siamo per non fare sconti a nessuno, ma non possiamo commettere errori come quello di ieri”, riferendosi all’aggressione subita dal cameraman del Tg3. Tanto che è partita una colletta per ripagare l’attrezzatura danneggiata.

Un venerdì di calma mista ad apprensione per quello che potrà  succedere nei prossimi giorni. Alle 21 il centro dove è stata indetta l’assemblea per decidere le mosse da seguire è pieno. Il bersaglio dei manifestanti, al grido “giù le mani dalla Val Susa”, è il presidente del Consiglio Mario Monti e quelle che apostrofano come “cattive notizie da Roma”, dove al vertice di governo è stato deciso di andare avanti con l’opera. “Monti – dice alla platea Alberto Perino, leader storico del movimento – ha mostrato i muscoli. Gli vogliamo bene ma eviti le prove di forza con noi. Non servono. E si sprecano soldi.”. Per poi lanciare una sfida al Presidente del Consiglio: “pensaci bene – ha avvertito Perino – prima di buttare soldi dalla finestra per il Tav. Se la lotta No-Tav la portiamo in tutta Italia quanto ti costa la Forza Pubblica? Se vuoi farci fare ginnastica su e giù per la valle noi siamo pronti”.

E che il movimento non abbia voglia di mollare lo dimostrano gli applausi scroscianti del pubblico. Ma a far esplodere la sala è la proposta lanciata al microfono di uno dei leader delle varie associazioni: “Tornare a riprendere la Val Clarea”, l’area storica del movimento inglobata lunedì scorso dall’allargamento dell’area del futuro cantiere della Tav. “Siamo partiti dalla Clarea – dice il portavoce del comitato – e li dobbiamo tornare per dimostrare che non abbiamo paura. Dobbiamo riprendere la nostra Clarea, anche se ci vorranno anni”. E l’appuntamento, anche se non ancora certo per arrivare al cantiere, è domenica.

L’assemblea si scioglie dopo la mezzanotte. I bar attorno si riempiono. “Abbiamo chiesto la solidarietà  a tutta Italia, ognuno fa quello che può. Ma la risposta è arrivata”.Intanto, nel pomeriggio di oggi è prevista una nuova assemblea. E non è escluso che, prima di inerpicarsi su per i sentieri che portano al cantiere, i manifestanti No-Tav tornino ad occupare autostrade e strade.


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