Telefonata al premier Singh «La competenza è italiana»

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ROMA — Per favorire un futuro rilascio dei due marò arrestati in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori, respinta dalle Forze armate italiane, Mario Monti ha telefonato ieri al primo ministro indiano Manmohan Singh. Si tratta del «passo internazionale» del presidente del Consiglio anticipato dal Corriere di ieri. Ci risulta che Monti avesse cercato il premier di New Delhi già  la settimana scorsa da Bruxelles. Gli incontri del Consiglio europeo riducevano i margini di tempo a sua disposizione e quelli di Singh erano stretti, ma il fatto che quest’ultimo non avesse trovato modo di rispondere né di richiamare in seguito indica una scarsa volontà  del premier indiano a raccogliere la chiamata sui marò. Fino a ieri.
Giorgio Napolitano ha fatto sentire la propria voce per definire la telefonata «molto importante». E su Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sotto inchiesta per colpi sparati il 15 febbraio verso una barca ritenuta sospetta (i militari negano che fosse quella delle due vittime, l’India sostiene il contrario), il presidente della Repubblica ha raccomandato: «Dobbiamo evitare qualsiasi elemento di incrinatura nel rapporto di amicizia e reciproco rispetto tra i due Paesi. La riaffermazione di questo rapporto è migliore garanzia di una soluzione positiva del caso dei due marò».
È evidente che Quirinale, Palazzo Chigi e Farnesina reputano controproducente far deragliare il caso dal delicato binario attuale al precipizio di un rumoroso scontro bilaterale che pregiudicherebbe ogni disponibilità  indiana a compromessi senza riportare i due in Italia.
A Singh, ha informato una nota di palazzo Chigi, Monti ha chiesto che sul «presunto incidente – le cui dinamiche sono tutte da accertare» la giurisdizione sia «solo italiana» perché è «avvenuto in acque internazionali». Nell’affermare che i marò erano sulla petroliera italiana Enrica Lexie per «una legittima missione internazionale di contrasto alla pirateria», Monti ha ribadito di aspettarsi per i due militari un «trattamento» che «rifletta pienamente il loro status». Poi una frase che è anche il perno dell’impostazione volta a coinvolgere nel caso organizzazioni internazionali, innanzitutto l’Ue: «Ogni atteggiamento da parte indiana non pienamente in linea con il diritto internazionale rischierebbe di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria».
Ostacolo all’accettazione di questa tesi da parte di New Delhi è che per il secondo Stato più popolato del mondo i militari imbarcati su mercantili in funzione anti pirati «non godono di immunità  globale», come detto da una fonte governativa indiana. Singh, stando a Palazzo Chigi, ha «condiviso» che non vanno create «tensioni tra Italia e India» e «assicurato la massima attenzione alle richieste» di Monti, a partire dal trasferimento dei marò «dalla prigione ad altro luogo di custodia adeguato allo status».
La telefonata è coincisa, per effetto di addebiti di morbidezza rivolti al governo dal centrodestra, con la decisione delle autorità  italiane di rendere o far rendere più palesi contatti discreti in atto da giorni per trovare vie adatte a far rilasciare i fucilieri. «Abbiamo sempre seguito la situazione in stretto contatto con le autorità  italiane. Adesso stiamo intraprendendo un’azione diplomatica per arrivare a una soluzione soddisfacente», ha riferito la portavoce dell’alto rappresentante della politica estera dell’Ue Catherine Ashton.


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