Torino, rogo in fabbrica, ustionati 5 operai

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TORINO – Mohamed Asadi ha le lacrime agli occhi e racconta: «Rischiamo di bruciare vivi per mille euro al mese». È il primo pomeriggio e lui, ancora in abiti da lavoro, ha visto cinque dei suoi compagni ardere come torce nel reparto Fusti della LaFumet, ditta specializzata nello smaltimento di rifiuti speciali. Ancora fuoco nella fabbriche torinesi. Quattro anni dopo il rogo della Thyssen la tragedia sembra ripetersi. Lo scenario è pressoché uguale: fiamme, ambulanze, squadre di soccorso. Questa volta però i cinque operai investiti dall’incendio miracolosamente si salvano. Sono quattro uomini di origine marocchina e un tunisino. Finiscono nel reparto Grandi Ustionati del Cto con facce e mani bruciate, e la vita in pericolo per aver respirato gas velenosi. Per quattro di loro la prognosi è riservata. «Dobbiamo aspettare qualche ora per comprendere la gravità  delle ustioni – spiegano i medici – ma siamo ottimisti: vivranno».
Tutto è successo poco dopo le 14. Nel reparto Fusti un operaio ripara la macina che frantuma contenitori di plastica e ferro con la saldatrice. «Una scintilla è probabilmente caduta nel canale di scolo dove finiscono rifiuti infiammabile e ha innescato l’esplosione» racconta Sergio Marchiaro, 57 anni, titolare dell’azienda che da novanta dipendenti, 45 dei quali provenienti da Tunisia e Marocco. «Tutti dipendenti regolari» aggiungono alla LaFumet che dodici anni fa si è trasferita nei cinquantamila metri quadrati di Villastellone, alle porte di Torino. Nata nel 1955 come piccola azienda di famiglia si occupava di recupero e bonifica di fusti metallici. Poi col tempo è cresciuta, ha assunto decine di operai specializzati della depurazione dei reflui liquidi e gassosi e del trasporto di rifiuti e di bonifiche. «In realtà  sino a due anni fa i lavoratori stranieri erano riuniti in cooperativa e francamente sfruttati: prendevano poco più di 5 euro l’ora – dice Simone De Michelis, sindacalista Cisl – per farli assumere c’è voluta una bella lotta e ora guadagnano come gli altri».
Era già  bruciata la LaFumet. «Nel 2003 ma non ci furono nemmeno feriti. Di piccoli incendi ce n’è almeno uno all’anno» racconta un operaio marocchino che con i compagni è corso a salvare quelli del Reparto Fusti. Hassan Kharbouche, il più grave degli ustionati, gli deve probabilmente la vita: «L’ho portato fuori dallo stabilimento in fiamme trascinandolo, mi stringeva forte non voleva lasciarmi neanche per salire sull’ambulanza». Anche gli altri quattro vengono strappati alle fiamme dai compagni di lavoro. Quando le nove squadre dei vigili del fuoco sono arrivati a Villastellone nel reparto non c’è già  più nessuno e l’incendio è domato. Qualcuno azzarda che forse lo scoppio è nato diversamente. Come nasce ogni volta: allo scoppio di una delle bombolette spray che vengono frantumate nel reparto, ma incidentalmente piena. Decidono di entrare in sciopero e lasciano i tre reparti dello stabilimento. Oggi si riuniranno in assemblea. I tecnici dell’Arpa intanto controllano se ci sono state fughe di gas velenosi e danni per l’ambiente e i carabinieri raccolgono le testimonianze per il procuratore Raffaele Guariniello che, appena saputo dell’incendio, ha aperto un’inchiesta. Sergio Marchiaro, il titolare, nel tardo pomeriggio corre al Cto per avere notizie dei suoi operai: «In questi anni non abbiamo risparmiato in fatto di sicurezza ma evidentemente non basta mai».


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