Un esercito di lavoratori beffati senz’assegno o senza contributi e ora il governo studia un sussidio

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Da una parte ci sono i “beffati” dalla regole sulle nuove pensioni, dall’altra i “dannati” dei contributi. E su queste due categorie che si concentrerà  la manifestazione unitaria fissata dai sindacati per il 13 aprile: i cosiddetti “esodati” da una parte e i “ricongiungimenti onerosi”, dall’altra. I primi rischiano di restare per anni senza ammortizzatori e senza pensione; i secondi di percepire assegni dimezzati rispetto a quanto avevano calcolato in base ai contributi versati. A meno che non si preparino a sborsare all’Inps centinaia di migliaia di euro. La questione degli “esodati” riguarda – stima non ufficiale, ma plausibile – circa 350 mila lavoratori. Si tratta di quei dipendenti che sono stati incentivati ad uscire dall’azienda con la prospettiva di una copertura da mobilità  e disoccupazione fino al raggiungimento dell’età  pensionabile. I calcoli però erano stati effettuati sulle vecchie regole: il passaggio dell’età  minima a 66-67 anni ha sconvolto ogni previsione. Come sopravvivere agli anni di “buco”? Il decreto Salva Italia, in realtà , si era posto il problema e aveva stanziato un fondo ad hoc. Il fatto è che il governo aveva sottostimato la platea limitandola a circa 60 mila casi, mentre un emendamento l’ha allargata a tutti gli aventi diritto: le risorse stanziate sono però rimaste le stesse. Il ministro del Lavoro ha promesso che se ne occuperà  per decreto entro la fine di giugno, dopo averne discusso con i sindacati. La soluzione potrebbe essere un assegno tipo Aspi. Ma i soldi (e i tempi di copertura) basteranno? Quanto ai “ricongiungimenti onerosi”, il caso riguarda chi – nel corso della sua vita lavorativa – ha cambiato azienda e ha versato i contributi in due diverse casse previdenziali. Per esempio prima l’Inpdap, poi l’Inps. La legge che prevedeva il ricongiungimento gratuito all’Inps è stata abolita nel 2010 (perché aumentando l’età  pensionabile delle sole statali si temeva un loro esodo di massa verso le più “convenienti” braccia dell’Inps). Ora il ricongiungimento è diventato oneroso ed è carissimo: chi vuole l’intera pensione deve pagare fino a 300 mila euro. Altrimenti può scegliere di rinunciare alla quota maturata con il retributivo, ma l’assegno risulterà  quasi dimezzato.

La precaria / Impieghi solo in nero non matura più diritti    


Ha maturato 32 anni di contributi, oggi ne ha 58. Da due anni e mezzo cerca lavoro ma non ne è riusicita a trovarne uno regolare. Elsa P., con la “vecchia” previdenza sarebbe andata in pensione nell’aprile 2014, con decorrenza dal 2015. Ma ora i tempi si allungano: grazie alle nuove regole dovrà  aspettare il 2020. Ha una figlia che lavora come precaria, lei per campare fa le pulizie in nero.

L’incentivata / Ha 6 anni scoperti aiuti solo per 18 mesi    


Paola faceva la postina: oggi ha 60 anni, con le Poste – dal gennaio 2011 – ha concordato un esodo incentivato. Prima della riforma Fornero sarebbe andata in pensione nel dicembre 2013. Con le nuove regole ci andrà  nell’agosto del 2019. Grazie alle deroghe fissate dal Milleproroghe potrebbe aver diritto ad un sussidio: ma gli anni da coprire sono sei. Un ammortizzatore ridisegnato sull’Aspi garantirebbe al massimo 18 mesi.

In mobilità  / Versamenti volontari e a riposo nel 2017    


Lo scorso anno, compiuti 58 anni, è stato messo in mobilità  dall’azienda. E. S. fra tre anni avrebbe dovuto versare due mesi di contributi per arrivare al tetto dei 40 anni e dal luglio 2014 sarebbe andato in pensione. Ora, se non rientrerà  in nessuna deroga, dovrà  fare versamenti volontari fino 42 anni e 10 mesi di contribuzione e aspettare maggio 2017 per la pensione. O attendere il 2020 per quella di vecchiaia.

Il licenziato / Pronto a lasciare nel 2013 dovrà  aspettare 3 anni    


Sta per compiere 60 anni ed ha 37 anni di contribuzione: A.D. è stato licenziato per motivi economici e ha finito di percepire l’indennità  di disoccupazione. Con le vecchie norme sarebbe andato in pensione fra poco più di un anno, nel 2013. Con la riforma Fornero ci andrà  nel 2016 a 64 anni di età . Non trova lavoro e non può fare versamenti volontari per mancanza di reddito.


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