Veleni, dossier e denunce incrociate Il pasticciaccio nel carrozzone Siae

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Denunce, contro-denunce, avvocati, veleni, dossier… Alla Siae, da mesi, è in corso una guerra termonucleare. Di qua i nuovi vertici «mandati a mettere ordine» appoggiati da un pezzo del mondo politico. Di là  i sindacati interni e un altro pezzo della politica. In palio, una società  ridotta a un carrozzone sgangherato e traballante sotto i debiti.
In quali condizioni la Società  italiana autori editori sia entrata nel terzo millennio lo dice l’Istituto Bruno Leoni: «Il monopolio legale risulta anacronistico, oltre che lesivo della concorrenza». «La conservazione del regime di esclusiva impedisce la creazione di soluzioni più efficienti di tutela e gestione dei diritti d’autore». Le omologhe società  inglesi pur chiedendo percentuali minori, «riescono a distribuire agli iscritti una quota più elevata». Insomma, la Siae è una macchina che per anni ha alimentato soprattutto se stessa.
Per colpa di chi? Della società , denunciano i sindacati citando gestioni scellerate, stipendi da favola, piccoli e grandi lussi auto-concessi dai vertici. Della società  e dei suoi vecchi vertici senz’altro, concorda la nuova dirigenza commissariale, ma anche dei sindacati che avrebbero profittato per spartirsi la torta.
Ed ecco che di qua l’anziano commissario Gian Luigi Rondi, i suoi vice Domenico Luca Scordino e Mario Stella Richter e il direttore generale Gaetano Blandini (bollati come «le badanti del novantunenne, mai visto») sono accusati di avere «svenduto» il 28 dicembre scorso una serie di immobili di Siae e del Fondo Pensioni per un prezzo nettamente inferiore alla valutazione (260 milioni invece di 463 milioni) a due società , la Aida e la Norma. Di là  quelli che rispondono di avere fatto «confluire gli immobili nei due fondi» proprio per «custodire il patrimonio» e sottrarlo agli abusi del passato dato che «Aida e Norma sono al 100% del Fondo Pensioni e di Siae». Quindi resta tutto in casa.
Di qua la direzione viene denunciata da Cgil e Cisl, le quali chiedono ai giudici la revoca «della disdetta indiscriminata di tutti gli accordi sindacali» e la condanna «ad astenersi dall’attuare controlli e/o ingerenze sull’utilizzo dei permessi sindacali». Di là  i vertici sventolano il verdetto che dà  ragione alla società  sancendo «l’infondatezza della doglianza in esame» e condannando Cgil e Cisl a pagare le spese processuali. E accusano a loro volta i sindacati di voler difendere un sistema indifendibile. Dove i dipendenti costano mediamente 64.200 euro (no, dice la controparte negando tutto: 41.700) cioè il doppio rispetto a quello (36.425) della pubblica amministrazione. Costo che contando anche la paga media dei dirigenti (157.700) schizzerebbe addirittura a 69.200. Per salire nel 2014, coi contratti vigenti, a 82.300. Troppi, accusa Blandini, che si è tagliato lo stipendio di 130 mila euro, per un’azienda in agonia che nel 2010 ha speso 127 euro ogni 100 incassati e quest’anno prevede comunque di andare sotto del 16%. Ma Fabio Scurpa, Cgil, contesta anche questo: «A parte il fatto che i soldi per i dirigenti li hanno trovati, la Siae è sana: dicono che è in rosso per massacrare chi ci lavora».
Non basta. Mentre i sindacati dicono di non fidarsi «di un amico della Cricca», dato che l’allora direttore ai Beni culturali del settore «Cinema» finanziò in quella veste un film con Lorenzo Balducci, (intercettazione imbarazzante: «Senti oggi abbiamo approvato… Sono stati bravi, si sono spicciati…»), escono tabelline fitte di nomi di dipendenti con accanto il marchietto: «figlia di», «nipote di», «fratello di», «cognata di», «genero di»… Assunti («Scurpa compreso») per chiamata diretta. Magari con la benedizione del babbo o della mamma sindacalista. 
Per non dire del patrimonio immobiliare affittato a canoni assai convenienti a volte neppure pagati per mesi. Al punto che la Siae, nella denuncia penale contro l’ex direttore del Fondo Pensioni, Eugenio Truffa Giachet e altri 12 dirigenti, scrive che il ricco portafoglio di immobili (il quale violando il tetto del 20% fissato per legge costituiva il 98% del «tesoro») non solo non rendeva, ma danneggiava le casse: 2.368.768 di affitti incassati, 3.325.175 di manutenzione. Tesi respinta ancora dalla Cgil: «Vanno presi i bilanci pluriennali e lì i conti sono diversi. Giocano sui numeri per comportarsi come Torquemada».
La stessa svendita di case offerte ai dipendenti (tra i primi proprio il direttore Truffa Giachet e sua figlia) in cambio di un anticipo talora di 500 euro e rate modeste da pagarsi in 40 comodi anni al 2% d’interessi era secondo Fabio Scurpa una buona idea: «Non è che i tassi, in quel momento, fossero molto più alti». Dunque sbaglia la Siae a contestare tutto? «Non è vero che non aveva garanzie d’essere pagata per 40 anni da un ottantenne: c’era l’ipoteca, se nessuno avesse poi pagato, tornava in possesso dell’immobile».
Non mancano nello scontro frontale alcuni episodi, diciamo così, curiosi. Come la denuncia di due sindacalisti, marito e moglie, che stando a una lettera del direttore generale da molti anni risultavano «sistematicamente in permesso dalle ore 7.45 alle ore 10.00 /10.30». Sveglia mattutina: riunione sindacale. Caffè: riunione sindacale. Cornetto: riunione sindacale. Mai che Angelo D. e sua moglie Anna Rita avessero un solo giorno di normalità  casalinga per lavarsi i denti, farsi una doccia, preparare un cappuccino alla figlia… Subito riunioni su riunioni. Tutti i giorni. Dalle sette e mezzo di mattina. O almeno così risultava in ufficio, dove si affacciavano a metà  mattinata: «Scusate, eravamo in riunione».
Agli atti, ovviamente contestati, c’è la lettera della UilPa, che commissaria il sindacato interno contestando ai due «di avere danneggiato il prestigio dell’organizzazione attraverso l’utilizzo dei permessi sindacali in contrasto con gli indirizzi stabiliti…» A quel punto ecco le provvidenziali testimonianze di alcuni colleghi: quei permessi usati poco dopo l’alba «venivano notoriamente fruiti dagli stessi per lo svolgimento del mandato sindacale presso la propria privata abitazione». Nuova richiesta di chiarimenti e nuova risposta UilPa: «Non è nostro uso autorizzare la fruizione di permessi sindacali presso abitazioni private». E via così…
Il destino personale dei coniugi, ovvio, non ci interessa. I giudici diranno chi ha ragione. La storia, però, la dice lunga sui rapporti a lungo dominanti nell’ente. Dove si sono via via sedimentati dettagli contrattuali a volte «eccentrici». Tipo la cosiddetta «indennità  di penna», concessa a quanti, deposti penna d’oca, calamaio e tampone assorbente, accettarono d’entrare nel XX secolo usando il computer. Per non dire del contributo di solidarietà  nato per soccorrere artisti in difficoltà  ma diventato, al di là  della legge, una specie di pensioncina distribuita a pioggia. Perfino a chi incassa ogni anno diritti d’autore milionari e su questi paga peraltro una quota astronomica rispetto alla «pensioncina» che riceveva. 
Nelle audizioni e nella relazione al Parlamento c’è di tutto. La facoltà  di mettersi in malattia senza certificato medico fino al terzo giorno («Che c’entra? Siamo disponibilissimi a cambiarlo, ma senza criteri punitivi», dice la Cgil) col risultato che qualcuno, come abbiamo raccontato, è arrivato a marcare visita «in franchigia» 87 giorni in un anno. Le trasferte degli «accertatori musicali» che se sforano la mezzanotte sono formalmente contate su due giorni… Il turno «serale» che comincia alle 13.45…
Insomma, un pasticciaccio. Sul quale è bene che, al di là  delle ragioni e dei torti che animano il micidiale scontro attuale, venga fatta in fretta chiarezza. E pulizia. Un paese poeti, santi, navigatori e artisti merita qualcosa di meglio.


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