Agcom, il Pd affonda Zencovich braccio di ferro sul nuovo presidente

by Editore | 6 Aprile 2012 6:39

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ROMA – È partita la corsa per le poltrone dell’Agcom, l’Autorità  per le comunicazioni il cui consiglio scade a maggio. Posti preziosi per il Pdl, visto che l’autorithy, tra le altre cose, sarà  coinvolta nel dossier sull’assegnazione delle frequenze televisive tanto care a Silvio Berlusconi e che per ora il ministro Corrado Passera ha congelato. Così succede che dal partito dell’ex premier arrivano pressioni per la nomina a presidente di Zeno Zencovich, grazie al quale il centrodestra avrebbe la maggioranza in consiglio. Filtra anche che ci sarebbe un patto con il Pd stretto in occasione dell’accordo sulla riforma del lavoro: ammorbidiamo l’articolo 18 in cambio dell’Agcom. Ma l’ufficio stampa dei Democratici smentisce: «La notizia secondo cui Bersani avrebbe dato il via libera a Zencovich non ha fondamento». 
Dietro le quinte però il negoziato è incandescente. L’attuale consiglio guidato da Corrado Calabrò scade a maggio, dunque i tempi sono stretti. Con il decreto sulle liberalizzazioni, oltretutto, il governo Monti ha tagliato i posti all’autorità  portandoli da nove a cinque. Secondo le logiche del Transatlantico uno andrebbe al Pdl, uno al Pd, uno al Terzo Polo (o all’Idv se come presidente passasse un uomo vicino a Casini) e infine uno alla Lega. Due a due, è il calcolo dei berlusconiani. Quindi diventa decisivo il presidente, con l’idea Zencovich che il Pdl avrebbe prospettato al Pd. Si racconta che sia stato Cicchitto ad avvicinare Franceschini per sondare la disponibilità  dei democratici, ma la reazione sarebbe stata «gelida». Almeno così raccontano dal Pd dove ricordano la vicinanza del professore universitario al Cavaliere e il suo sostegno alla Gasparri, la legge sulle tv scritta su misura di Berlusconi e affondata dall’Unione europea. 
Urge dunque trovare un altro candidato alla presidenza. Fonti parlamentari adombrano il nome di Antonio Catricalà , sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Monti. Candidatura di peso, ma che non sembra trovare riscontri nelle stanze del governo. Senza dimenticare la centralità  del ruolo attualmente ricoperto dell’ex capo dell’Antitrust a Palazzo Chigi, anche se ultimamente c’è chi nei partiti parla di rapporti meno calorosi tra lui e il premier. Spunta anche il nome di un super-tecnico gradito a Monti e alla sua squadra brussellese, che lo considera super partes: è quello di Fabio Colosanti, funzionario europeo di alto livello che conosce a menadito la materia visto che alla Commissione Ue per otto anni è stato direttore generale alla Società  dell’informazione, ruolo dove è stato confermato da tre commissari consecutivi: Liikanen, Reding e Kroes. Colasanti è stato anche direttore all’Industria e membro del gabinetto Prodi all’inizio della sua presidenza europea (era il 1999). Per questo c’è chi ipotizza soluzioni diverse, come un tecnico di area cattolica sponsorizzato dall’Udc di Casini, come peraltro è stato ai suoi tempi per Calabrò. Equilibri politici che comunque si incroceranno con le altre nomine in scadenza, a partire dal cda della Rai per arrivare alla nascitura Autorità  per i trasporti.
Quanto ai commissari si parla di una accesa lotta tra vari tecnici d’area per accaparrarsi la poltrona, ma al momento l’unico che ha buone chance è il pidiellino Antonio Martusciello: tra i commissari uscenti è il solo che può essere confermato visto che, come prescrivono le regole, all’Autorità  ha ricoperto meno di metà  mandato. Il forzista della prima ora ed ex Pubblitalia è infatti approdato all’Agcom in sostituzione di Giancarlo Innocenzi, rimosso dopo la pubblicazione di intercettazioni telefoniche tra lui e Berlusconi in cui i due discutevano su come neutralizzare Michele Santoro.

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