Annan: la tregua regge

by Editore | 13 Aprile 2012 8:04

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Mercoledì i partecipanti alla prima giornata di lavori del G8 a Washington avevano recitato il de profundis al piano di pacificazione della Siria dell’inviato dell’Onu Kofi Annan. Barack Obama e la cancelliera Angela Merkel avevano sentenziato il mancato rispetto del cessate il fuoco prima ancora che entrasse in vigore. E invece l’interruzione delle ostilità , uno dei punti centrali dell’iniziativa di Annan per mettere fine al bagno di sangue che ha fatto migliaia di morti in Siria, è avvenuta. Con alcune violazioni ma ha tenuto, deludendo le parti che puntano sulla guerra civile per abbattere Bashar Assad, senza attendere la transizione politica che di fatto prevede il piano di Kofi Annan. «Sono incoraggiato dalle notizie che riferiscono di una situazione relativamente calma in Siria… ciò porta sollievo e speranza ad un popolo che ha sofferto tanto a lungo… È il momento per tutti i siriani di essere uniti per guarire le loro ferite ed avviare una transizione politica che porti ad un sistema democratico e pluralistico», ha detto l’inviato dell’Onu poco prima di intervenire in videoconferenza ad una riunione del Consiglio di Sicurezza. Annan ha anche chiesto al braccio esecutivo delle Nazioni Unite di dispiegare il prima possibile osservatori in Siria per monitorare il rispetto del cessate il fuoco da parte delle forze governative e dei ribelli armati.
L’opposizione siriana invece nega che il cessate il fuoco sia stato rispettato. Gli spari sono «quasi» cessati ma non vi è stato un ritiro dei carri armati e armi pesanti, decine di persone sono state arrestate dalle forze di sicurezza del regime, ha detto da Ginevra Bassma Kodmani, portavoce del Consiglio Nazionale siriano (Cns), il fronte anti-Assad sostenuto dai paesi occidentali e dai paesi arabi del Golfo. Gli oppositori hanno denunciato l’uccisione ieri di almeno otto persone. Il governo siriano invece ha riferito di un attacco armato contro un bus di militari, che ha provocato la morte di una persona e il ferimento di oltre venti, e della resa di un centinaio di ribelli ed oppositori. Il Cns ha segnalato anche bombardamenti delle forze governative a Homs, nel quartiere Qarabis, mentre a Dayr al-Zor, nell’est del paese, la polizia avrebbe sparato sui dimostranti scesi in piazza dopo l’appello lanciato dal Burhan Ghalioun del Cns a manifestare contro il regime. Il governo ha subito ribadito che «Manifestare pacificamente è un diritto garantito dalla legge ma i cittadini devono rispettare questa legge chiedendo preliminarmente l’autorizzazione». Colpi di mortaio inoltre sono stati sparati attorno al castello di al-Madiq, vicino Hama, e a Zabadani, tra Damasco e il confine libanes. Spari su dimostranti sarebbero avvenuti anche per le strade di Idlib e Deraa. Notizie che non possono essere verificate da fonti indipendenti.
Il rispetto sostanziale del cessate il fuoco da parte del regime pone non pochi problemi a quei paesi che si dicevano certi del fallimento del piano Annan e che avevano già  preparato il terreno ad ulteriori sanzioni contro Damasco. La Francia ha suggerito all’Onu l’invio di una «robusta squadra di osservatori» per verificare che Damasco stia effettivamente osservando la tregua. Londra, dal canto suo, ha minacciato di dare un sostegno maggiore all’opposizione siriana in caso di violazione del cessate il fuoco da parte di Assad. Ma in queste ultime ore è tornata in prima fila la Turchia. Gli spari dell’altro giorno lungo il confine turco (due morti), attribuiti a cecchini dell’esercito siriano, hanno offerto ad Ankara lo spunto per rilanciare l’idea di una zona cuscinetto, ovviamente all’interno del territorio siriano. 
I dirigenti turchi premono perché la Nato «si prenda le sue responsabilità » e difenda i confini turchi dagli attacchi delle forze siriane. Il primo ministro Erdogan ha chiamato in causa addirittura l’articolo 5 del Patto Atlantico (di cui la Turchia fa parte), secondo cui «ogni attacco a uno dei membri della Nato verrà  interpretato come un attacco a tutti i membri e permetterà  l’uso della forza». Per comprendere l’eccezionalità  della richiesta occorre ricordare che l’articolo 5 del Patto Atlantico era stato invocato dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001. Ieri si attendeva la risoluzione del vertice dei ministri degli esteri del G8 riuniti a Washington, un incontro dedicato un buona parte proprio alla crisi siriana e al programma nucleare iraniano. La bozza conclusiva del summit resa nota in serata manifestava «preoccupazione per la devastante perdita di vite umane», accoglieva il rapporto di Kofi Annan che riferisce di una «fragile cessazione delle violenze» e lanciava un appello per «un’azione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che includa l’invio di una missione di osservatori».

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