Benetton risponde alla pioggia di critiche

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Alessandro Benetton ha risposto ai messaggi postati sulla sua pagina Facebook dal popolo della rete, che gli chiedeva un ripensamento sui licenziamenti delle 76 dipendenti Autogrill di Milano, Bologna e Roma. La replica è arrivata ieri intorno alle 11, mentre il post bombing su profilo era partito il pomeriggio prima, verso le 17: neanche 24 ore dunque, e l’imprenditore ha sentito il dovere di intervenire per dare delle spiegazioni. Poco prima di lui, aveva postato un breve messaggio il gestore del sito – più probabilmente un dipendente di Benetton, o al limite anche un suo fan, non lo sappiamo per certo – ammettendo di aver «eliminato alcuni commenti perché ritenuti troppo offensivi».
Alessandro ha spiegato che «Autogrill è una società  che è quotata presso la Borsa di Milano e ha quindi un suo management e governance ben distinti da quelli di Benetton Group». «Non è mio compito – ha aggiunto – nè è legittimo che io intervenga nella gestione operativa di un’azienda che non è quella per la quale ricopro incarichi operativi. Allo stesso tempo ho piena fiducia nell’operato del management di Autogrill che so si sta occupando di questa questione».
Alessandro Benetton in effetti non è presidente nè amministratore delegato di Autogrill, ma è uno degli amministratori del gruppo di ristorazione rapida, siede cioè nel cda seppure senza cariche operative (si può verificare sul sito ufficiale di Autogrill, alla voce Governance). Quindi quel che dice è tecnicamente vero, se vogliamo. Ma è anche vero che il presidente della società  è lo zio Gilberto, e che Autogrill è controllata dalla Schema34 (che detiene il 59,3% delle sue quote); a sua volta, Schema 34 è detenuta al 100% dalla Edizione, la holding della famiglia Benetton. 
I quattro fratelli fondatori dell’impero – Luciano (padre di Alessandro), Gilberto, Giuliana e Carlo – hanno ciascuno il 20,25% di Edizione; il restante 19% è diviso equamente tra i loro figli: Alessandro appunto, e poi rispettivamente Sabrina, Franca e Christian (scelti ciascuno da ogni fratello come erede in azienda) ma solo in nuda proprietà  con diritto di usufrutto da parte dei genitori. Luciano e Alessandro sono ormai indirizzati verso l’abbigliamento, a loro tocca il rilancio e il risanamento della Benetton Group, mentre il ramo di Gilberto si occupa di Autogrill. 
Tutto vero, dunque, ma Alessandro siede nel cda di Autogrill, ed è – per quanto in questa complessa struttura di controllo, che include anche delle nude proprietà  – un rappresentante dei principali azionisti. È inoltre il più famoso e «comunicativo» della generazione dei figli, e per questo il Popolo Viola e l’Isola dei cassintegrati, che hanno lanciato l’appello in difesa della 76 licenziate, avranno pensato di sensibilizzare proprio lui. E forse, anche per tutti questi motivi, non si può del tutto tirare fuori dalla questione: per quanto la sua sottolineatura del fatto che «il management Autogrill si sta occupando della questione», forse potrebbe fare intravedere una qualche luce. 
Intanto gli incontri previsti a Roma (inizialmente il 13) e a Bologna (il 17) sono stati rinviati: se ne parlerà  la settimana prossima. Il management Autogrill – lo stesso che si sta «occupando della questione», come ha detto Alessandro Benetton al popolo del web – ha preso tempo. Non si sa se possa essere un segno di ripensamento, che conduca verso un qualche ammorbidimento, o se invece sia un modo per diluire la tensione e sperare magari che nel frattempo si spenga il clamore mediatico. 
È anche vero che la procedura di licenziamento è molto avanzata in tutti i locali: a Milano addirittura le lettere individuali per gli 8 addetti potrebbero essere già  partite (dal 13 in poi ogni giorno è utile), mentre a Roma la data fatidica scatta il 21 e a Bologna il 30. Dunque, qualsiasi giorno perso per una eventuale trattativa, peggiora in qualche modo la condizione delle lavoratrici, che continuano a dirsi molto preoccupate. 
«Alcuni di noi hanno cominciato a prendere gli psicofarmaci per dormire», dice una dipendente di Milano. La Compass, grossa azienda che si occupa di mense e catering che dovrebbe subentrare nell’appalto, avrebbe contattato informalmente qualcuno degli addetti, proponendo un’assunzione, ma con part time molto inferiori agli attuali e con un azzeramento delle anzianità  e dei miglioramenti acquisiti negli anni. Quando il contratto nazionale imporrebbe la riassunzione a condizioni immutate. «Noi ci siamo rifiutati – aggiunge la lavoratrice – Ma certo, con la difficoltà  che c’è oggi di trovare un posto, per quanto ancora resisteremo?». Una domanda molto pesante.


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